“Un vino o un cibo entrano in bocca, ma prima si vedono e si annusano, e questo manda impulsi diretti al cervello che attivano tutta una serie di funzioni legate al ricordo o a altro, e che non necessariamente sono legate al sapore realmente percepito”.
Il professor Roberto Barale dell’Università di Pisa, sintetizza così i primi istanti “dell’esperienza di un sapore”, che, come spiega, in parte è emozionale e in parte legata al patrimonio genetico, “che è unico e ci rende tutti diversi - sottolinea -, per cui la percezione di uno stesso gusto varia per ciascuno di noi”.
Cosa che è dimostrata scientificamente dai test su l’esperienza di assaggio di “anonime striscioline di carta per esperimenti, che non evoca assolutamente nulla e che tuttavia - conclude Barale - è molto relativa e personale, pensiamo quindi cosa può succedere davanti a un piatto o a un bicchiere che rievocano ricordi e emozioni”.
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