Sarà la debolezza del dollaro, forse, oppure l’effetto inevitabile della globalizzazione, più probabilmente, che ha costretto anche i “radical-eno-chic” per eccellenza, i francesi, a guardarsi intorno per restare competitivi sui mercati internazionali, fatto sta che la notizia dell’acquisizione da parte di Cos d’Estournel del californiano Château Montelena non ha lasciato indifferenti, tanto da “scomodare”, per esempio, anche Robert Parker, il wine-writer più influente al mondo, che così ha commentato: “one of the biggest stories in his three decades in the wine industry” (una delle più grandi storie delle ultime tre decadi nell’industria del vino, ndr).
La portata dell’affare, che il direttore generale di Cos d’Estournel, Jean-Guillaume Prats, considera “forse l’investimento più importante mai fatto da un bordolese all’estero” (110 milioni di dollari, secondo l’autorevole rivista inglese Decanter), finisce per colpire non soltanto per l’entità della cifra in ballo, quanto, piuttosto, per una tendenza economica che potrebbe dimostrarsi strategicamente vincente. Reattività di alcuni grandi produttori francesi sul dinamismo concorrenziale del mondo del vino, verrebbe da dire, una reattività che a ben guardare non vede protagonisti soltanto i francesi. Giusto un anno fa, infatti, la Stag’s Leap Wine Cellars fu venduta ad una partnership composta da Ste. Michelle Wine Estates e la toscana Marchesi Antinori.
Una analoga operazione che trova una intrigante similitudine anche in ordine al posizionamento e alla tipologia delle aziende protagoniste delle acquisizioni. Château Montelena, come Stag’s Leap Wine Cellars, prese parte nel 1976 al cosiddetto “Judgment of Paris”, la degustazione organizzata da Steven Spurrier che riconobbe definitivamente il valore dei vini della Napa Valley. Vincitori di quella degustazione, che Hollywood vorrebbe immortalare in un film, proprio il Cabernet Sauvignon 1973 di Stag’s Leap, nella categoria rossi, e lo Chardonnay 1973 di Château Montelena, per quella dei bianchi.
La California come “eldorado” del vino, insomma, ma anche terra di conquista per i grandi marchi dell’Europa enoica. I primi erano stati i grandi dello Champagne, negli anni ‘80, seguiti da progetti enologici ambiziosi e di grande respiro, il cui simbolo resta la joint-venture Opus One di Mondavi e Rothschild. Poi è stato il turno di Christian Moueix, uno dei più affermati protagonisti dei vigneti bordolesi di Pomerol e Saint-Emilion, che si è comprato il californiano Dominus Estate. Oggi, è la volta di Cos d’Estournel, uno dei più acclamati “super-secondi” di Bordeaux, che ha fatto “acquisti” in Napa Valley. Patron dello Château di Saint Estèphe, dai caratteristici tetti a pagoda, Michel Reybier, imprenditore francese, che controlla le società Aoste Holding (Francia) e Al Ponte Prosciutti (Italia). Oltre ad essere proprietario di alcuni hotel di lusso, come la “Reserve Geneve”, è anche presidente della compagnia petrolifera Pebercan e della società di servizi dell'aeroporto di Saint Tropez.
Reybier appartiene a quella schiera di imprenditori a capo di grandi gruppi finanziari, capaci di elaborare strategie complesse e muovere ingenti capitali anche nel più modesto mondo del vino, attratti dalla possibilità di fare vini tecnicamente inappuntabili a costi concorrenziali, da vendere ai nuovi mercati e ai nuovi clienti cinesi piuttosto che indiani. Vedremo se ci saranno sviluppi e nuove acquisizioni e se questa strategia rappresenti davvero un utile risposta alle sollecitazioni di un mercato sempre più mondializzato.
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