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I SÌ DEGLI ITALIANI ALL’AGRICOLTURA: PER IL 91% SETTORE CRUCIALE PER IL PAESE. PERCHÉ? È SANA E DI QUALITÀ (43%), PORTABANDIERA DEL MADE IN ITALY ALL’ESTERO (22 %), TUTELA IL TERRITORIO (13,7 %), È “GREEN” (12,3 %) E NON SOLO. ECCO L’INDAGINE CIA

I sì degli italiani all’agricoltura: il 91% pensa che il settore sia cruciale per il Paese. Affidabile perché è made in Italy, quindi sana e di qualità (43%), è portabandiera del patrimonio culturale e culinario italiano all’estero (22 %), tutela il territorio (13,7 %), è “green” (12,3 %), richiama all’origine rurale del Belpaese ed è fatta di lavoro e produzione e non di Borsa e finanza. Ecco l’indagine presentata dalla Cia - Confederazione Italiana Agricoltori per il convegno “L’agricoltura nei 150 anni dell’Unità d’Italia”, di scena oggi a Montecitorio, alla presenza del presidente della Camera, Gianfranco Fini.

Qualità, salubrità ed eco sostenibilità, questi, dunque, spiega la Cia, i motivi alla base del gradimento del comparto. Ben il 91% degli italiani considera l’agricoltura un comparto cruciale per il Paese, sia dal punto di vista economico che ambientale, tanto più in questa fase di crisi dove i valori della terra assumono una rilevanza anche sociale rispetto alla “finanziarizzazione” galoppante dell’economia. Nelle convinzioni degli italiani, cioè, torna a galla quello “scheletro contadino del Paese” di cui ha parlato recentemente il Censis, mettendo in luce il bisogno forte dei cittadini di ritornare a una logica “rurale” fondata sulla concretezza del lavoro e della produzione. Una logica di cui l’agricoltura è l’interprete migliore, producendo ricchezza vera e visibile, non come quell’economia “di carta” che ha portato alla situazione di crisi attuale. E che fa volare lo spread, ma certo non il Pil dello Stivale. E la ricchezza del settore primario è molteplice, così come i motivi alla base del suo gradimento, si legge nell’indagine della Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, e se il 91% dei cittadini italiani crede nell’agricoltura, per quasi la metà di questi (esattamente il 43%) la fiducia generale nel comparto corrisponde alla fiducia nella qualità e nella salubrità delle sue produzioni. Un altro 22% degli intervistati, invece, riconosce all’agricoltura un ruolo centrale nell’immagine dell’Italia all’estero, mentre il 13,7 % degli italiani la considera fondamentale nella tutela del suolo e del patrimonio boschivo, anche rispetto al problema del dissesto idrogeologico. Infine, l’altro 12,3 % del campione ritiene l’agricoltura una risorsa irrinunciabile nello sviluppo delle energie rinnovabili.

Più in dettaglio, osserva la Cia, per la fetta di italiani più attenti alla sicurezza alimentare, ben l’83% di questi dichiara di preferire sempre il prodotto nazionale, soprattutto se tipico e tradizionale, anche se dall’etichetta vorrebbe la garanzia dell’italianità di tutti gli ingredienti e delle materie prime. Di contro, le importazioni destano non poche perplessità: il 78% del campione si fida poco dei prodotti alimentari che varcano i nostri confini, in particolare di quelli che provengono dalla Cina. Una tendenza che è stata rafforzata anche dagli ultimi “scandali” e allarmi alimentari. Naturalmente - prosegue la Cia/Confederazione Italiana Agricoltori - più di 8 su 10 sono anche contrari agli Ogm in tavola. Il 55% del campione ritiene gli organismi geneticamente modificati dannosi per la salute, mentre il 76% crede semplicemente che siano meno salutari di quelli “normali”. All’opposto, il 62% degli italiani si fida soprattutto del biologico, mentre il 35% fa la spesa direttamente “in campagna” attraverso la vendita diretta dal produttore e/o partecipa ai Gruppi di acquisto solidali (Gas).

Quanto alla parte del Paese che ritiene l’agricoltura nazionale una delle bandiere dell’italianità all’estero, continua il rapporto della Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, la quasi totalità (il 97%) è convinta che bisogna fare di più per difendere tutta la filiera del “made in Italy” alimentare dall’“agropirateria” internazionale e dai danni derivanti da contraffazioni e frodi. E questo proprio perché si tratta non solo di un settore economicamente “vincente”, anche sul fronte del turismo enogastronomico (per il 48% degli intervistati), ma di un patrimonio culturale e culinario che è l’immagine stessa del Belpaese fuori dai nostri confini (per il 52%). Comunque, il 77% degli italiani nutre molta fiducia nei controlli da parte delle autorità preposte (Nas, Guardia di finanza, Dogana) ma chiede che vengano resi ancora più stringenti, proprio per garantire al massimo i consumatori e anche gli agricoltori che contribuiscono alla produzione delle eccellenze certificate che vengono esportate in tutto il mondo.

Ma l’agricoltura non è solo sinonimo di alta qualità ed elevati standard di sicurezza, prosegue la Cia. Per 2 italiani su 5 il settore primario ricopre un ruolo nodale nella salvaguardia dell’ambiente: sia nel senso della tutela del territorio (per il 13,7% del campione) sia rispetto al progresso delle energie “verdi” attraverso le biomasse (per il 12,3%). Di questa fetta della popolazione, ben l’86% ha una forte sensibilità ecologica e il 71% contesta l’urbanizzazione selvaggia che ha cancellato “pezzi” interi di campagna e terreni coltivabili. Con effetti disastrosi sull’assetto idrogeologico del territorio e in particolare sulla stabilità dei versanti. Ecco perché il 69% degli italiani chiede di incentivare l’attività degli agricoltori, la cui opera di presidio e di manutenzione del suolo è fondamentale, soprattutto nelle aree marginali e di montagna. In più, il 94% di questa fascia di italiani si dice molto preoccupata per l’aumento delle emissioni e per le conseguenze dei cambiamenti climatici. Anche per questo, ben il 77% degli intervistati crede nello sviluppo delle energie rinnovabili, conclude la Cia, e pensa che il settore primario possa essere uno dei protagonisti della cosiddetta “rivoluzione verde”, tramite l’uso delle biomasse legnose, pellet, cippato, potature di colture arboree e più in generale degli scarti di agricoltura e allevamento per la produzione di energia “pulita”.


Focus - Unità: 150 anni di storia italiana raccontati attraverso l’agricoltura. A Montecitorio la Cia ripercorre le trasformazioni delle campagne dal 1861 a oggi

L’Italia è un Paese agricolo di nascita. E dal 1861 a oggi la sua storia si intreccia continuamente con le trasformazioni del settore primario, tanto che anche adesso, dopo 150 anni, la ruralità è parte integrante del nostro “corredo genetico”.

“Nell’evoluzione del mondo rurale italiano - ha affermato il presidente della Cia/Confederazione Italiana Agricoltori, Giuseppe Politi - sono scritti tutti i più importanti cambiamenti economici, sociali e territoriali del nostro Paese: dalle lotte per la terra alla nascita delle organizzazioni contadine, dai rapporti feudali alla conduzione diretta, fino al passaggio da società rurale a industriale e alle trasformazioni degli assetti produttivi, del paesaggio agrario e dell’uso del territorio”.

Le tradizioni e i modelli sociali della ruralità, spiega la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, hanno lasciato il segno nella nostra società, mentre la progressiva marginalizzazione di questo settore, una volta davvero primario nell’economia italiana, racconta perfettamente il suo radicale mutamento. E oggi “la più grande sfida per la nostra agricoltura - ha detto il presidente della Cia - è trovare la strada dello sviluppo senza disperdere la propria identità sociale e culturale. Quindi rimodellare la struttura dell’impresa secondo le mutate esigenze del mercato, senza perdere la ricchissima eredità delle nostre tradizioni agricole, che continuano a costituire il valore aggiunto della nostra agricoltura, e quindi un’eredità unica da valorizzare, non solo per il suo spessore culturale, ma soprattutto per le potenzialità economiche”.

Gli agricoltori italiani sono depositari di una cultura e una conoscenza che possono fare la differenza rispetto ai nostri competitor. Ed è per questo che “la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori si è sempre impegnata in questa doppia direzione: da un lato la competitività e dall’altro la tutela dei saperi antichi che oggi rendono unico il “made in Italy” agroalimentare nel mondo. Un patrimonio che, però, va continuamente aggiornato se non si vuole che una grande ricchezza si trasformi in un handicap di fronte alle esigenze dell’economia moderna”.

Nel convegno la Cia ha deciso di dare un ulteriore contributo alle celebrazioni per l’Unità d’Italia. E questa volta ha deciso di farlo “riscrivendo” la storia del Belpaese dal proprio punto di vista, e costruendo un affresco nuovo di questi 150 anni visto da quattro punti di vista fondamentali, affrontati da altrettanti interventi di alto valore scientifico: con la relazione del professor Adolfo Pepe dell’Università di Teramo è stata approfondita la storia delle organizzazioni agricole; il professor Augusto Marinelli dell’Università di Firenze è intervenuto sulle “trasformazioni delle strutture e le politiche agrarie”; la professoressa Maria Cristina Treu del Politecnico di Milano si è soffermata sulla storia dell’evoluzione del paesaggio agrario, che ha continuamente ridisegnato il volto dello Stivale; la relazione del professor Sergio Givone dell’Università di Firenze ha approfondito un tema più specifico: “dalle trasformazioni idrauliche al riso nella storia d’Italia”.

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