Dall’Olivo della Strega a Magliano in Toscana, “patriarca arboreo” più vecchio di quelli dei Getsèmani, agli olivi dalle forme più strane, come quello sul Tempio di Ercole della Valle dei Templi di Agrigento che sembra una stretta fra due mani o quello a Lecce a forma di una delle guglie della Sagrada Familia di Barcellona e, ancora, uno nella piana di Ostuni, che ricalca il profilo di un cervo in corsa: sono i veri e propri “monumenti” creati e scolpiti da madre natura che hanno scritto nel loro tronco, modellato dal vento, dal sole e dalla pioggia, ma soprattutto dal tempo, una storia lunga secoli e in alcuni casi addirittura millenni, sulla via dell’Unesco per diventare Patrimonio dell’Umanità, con la redazione da parte di Re.C.O.Med, la Rete delle Città dell'Olio del Mediterraneo, di una lista condivisa di siti paesaggistici da tutelare e da presentare all'Unesco. I grandi “patriarchi arborei” non si trovano infatto soltanto nei “nostri” uliveti: particolarmente suggestivi sono infatti gli esemplari di olivo monumentale censiti in Spagna, Grecia, Albania e nell’Isola di Malta, anche se il “padre di tutti gli alberi di olivo” sembra essere quello che si trova ad Arraba, in Galilea, che la leggenda narra essere un luogo sacro per aver ospitato tra le sue fronde addirittura Gesù di Nazareth. La sua età è datata in 3.750 anni. Se ne parla a “Il paesaggio olivicolo come strumento di marketing territoriale: la tutela ambientale, il turismo dell’olio, la promozione del prodotto e la pianificazione del territorio”, il convegno di scena domani a Cerreto Sannita (Benevento), promosso dalle Città dell’Olio.
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