Oltre allo Champagne, che già sta “migrando” verso la Gran Bretagna, anche il tartufo nero potrebbe abbandonare il Mediterraneo verso boschi più freschi e soprattutto più umidi. Lo afferma uno studio svizzero pubblicato dalla rivista “Nature Climate Change”, secondo cui i cambiamenti climatici mettono a rischio le produzioni più pregiate di Francia, Spagna e Italia.
I ricercatori dello Swiss Federal Research Institute (Wsl) hanno sovrapposto l’andamento delle precipitazioni estive nelle aree produttrici di tartufi neri con le rese tra il 1970 e il 2006, verificando una stretta corrispondenza tra le siccità sempre più pronunciate e le raccolte sempre più scarse. In particolare la regione francese del Perigord è passata dalle 200-300 tonnellate l’anno alla metà del secolo scorso contro le appena 26 degli anni recenti, fenomeno che ha portato il prezzo a sfiorare i 2.000 euro al chilo:
“Una riduzione simile - scrivono gli autori - si è avuta anche nella regione spagnola dell’Aragona, mentre in Piemonte e Umbria, le altre zone produttrici del Mediterraneo, le rese sono diminuite ma non così tanto, in corrispondenza a estati più piovose rispetto alle altre regioni”.
Anche se la raccolta dei tartufi è ristretta al periodo tra novembre e febbraio, spiegano gli autori, fondamentali per la crescita sono le piogge estive che bagnano i boschi di querce e castagni nel cui suolo crescono i funghi ipogei. Nei prossimi decenni la produzione potrebbe spostarsi a nord, in Svizzera e Germania meridionale, dove già ora sono segnalate in aumento le rese di altri tartufi meno pregiati come lo “scorzone”.
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