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ALTRO CHE CAVALLO: NEL MONDO SE NE MANGIANO DI CARNI “STRANE”. UN ESEMPIO? LA CARNE DI LEONE, UN FENOMENO DI PIATTO “ESOTICO” CHE VIENE DAGLI USA, ANCHE SE LO STATO DELL’ILLINOIS ARRIVA LA PROPOSTA DI MESSA AL BANDO

Altro che carne di cavallo: se l’“horsegate” ha suscitato reazioni contrastanti nella popolazione, dallo scandalo allo scalpore, passando per l’indignazione e la moda degli “horseburger”, non è certo una carne insolita da mangiare, o almeno non la più strana. Nel mondo, infatti, un po’ per cultura, un po’ per sopravvivenza, un po’ per moda c’è chi “gusta” carni più inusuali. Un esempio? La “bushmeat”, la “carne di foresta”, ossia di animali selvatici di provenienza perlopiù africana ma anche asiatica e sudamericana, uccisi per la sussistenza o cacciati sia legalmente che illegalmente per essere venduti ai mercati locali, che oltrepassa i confini per arrivare sulle tavole d’occidente: dalla carne di gorilla, di scimmie, di ungulati, di roditori ed uccelli, iguana, lama, cammello, emu, yak, tartaruga, tigri ma anche di leoni. E proprio quest’ultima è un piatto “esotico” che sicuramente si consuma negli Stati Uniti, dove a portare alla luce questo fenomeno è stata la proposta di messa al bando della carne del felino da parte di un deputato dello Stato Usa dell’Illinois, Luis Arroyo. E sulla pagina web italiana della nota rivista National Geographic, le associazioni di tutela degli animali, dal Wwf a Panthera, e chi questa carne la vende, dicono la propria.
Il deputato dell’Illinois ha proposto di rendere “illegale per chiunque macellare un leone, nonché possedere, far riprodurre, importare o esportare dallo Stato, comprare o vendere leoni con lo scopo di macellarli”. Da qui si deduce che c’è chi mangia carne di leone: “francamente, è la prima volta che sento parlare di consumo di carne di grandi felini - spiga Massimiliano Rocco, responsabile Programma Specie, Traffic e Foreste di Wwf Italia - in Europa abbiamo il problema dell’importazione della cosiddetta ”bushmeat”, la carne di animali selvatici di provenienza perlopiù africana, è stata sequestrata anche carne di gorilla, ma di leone finora non risulta”.
Secondo il deputato Luis Arroyo, nel suo stato vi sarebbero almeno due siti in cui viene venduta carne di leone africano; e Crawford Allan, un esperto di commercio illegale di fauna selvatica del World Wildlife Fund, conferma che negli Stati Uniti vengono allevati leoni con lo scopo di farne carne da ristorante: “non vi sono prove che questo commercio di leoni negli Stati Uniti sia di fonte illegale”. Richard Czimer, proprietario della società Czimer’s Game and Sea Foods Inc. di Homer Glen, Illinois, afferma di aver acquistato a volte carne di leone certificata dalUsda, (United States Department of Agriculture) dal suo punto di vista, la messa al bando di carne di leone costituirebbe una “limitazione della libertà di scelta” rispetto a ciò che la gente mangia. “Sarebbe discriminatorio- sostiene Czimer - nei confronti dei miei clienti e di chiunque vuole provare qualcosa di nuovo. Sono ben pochi i leoni uccisi rispetto alle centinaia di migliaia di bovini macellati ogni giorno”.
“Eppure, mangiare carnivori è una pessima idea”, ribatte Luke Hunter, presidente di Panthera, un’organizzazione a difesa dei grandi felini. Tanto per cominciare, le popolazioni di grandi carnivori stanno diminuendo in tutto il mondo: il leone africano è classificato come animale minacciato dalla International Union for Conservation of Nature, ed è a rischio di estinzione in certi paesi dell’Africa occidentale. Benché i leoni in natura non vengano cacciati a scopo alimentare, la preoccupazione è che la già lacunosa normativa che negli Stati Uniti regola il possesso, la riproduzione e il commercio di grandi felini in cattività (soprattutto le tigri) possa alimentare un mercato nero di carne di felino, dice Will Gartshore del Wwf. Inoltre, avere a che fare con carcasse di grandi carnivori selvatici può essere pericoloso, perché mangiando prede diverse accumulano parassiti e malattie: nel 2007, ad esempio, un biologo in Arizona è morto di una grave infezione polmonare per aver dissezionato la carcassa di un puma.
“Oltre al problema etico di incrementare il bracconaggio - sottolinea Massimiliano Rocco - di specie spesso già a rischio di estinzione, un altro problema legato al consumo di ”bushmeat” è proprio quello sanitario, legato alle patologie che vengono importate insieme al materiale illegale”, conferma Massimiliano Rocco”. Tutto questo però non impedisce che alcune persone continuino a consumare carne “esotica”. Negli Usa, alcuni consumano carne di orso nero cacciato legalmente (non è considerato una specie a rischio). La società statunitense Exotic Meats and More vende altre stranezze come iguana, lama, cammello; un’altra, la Buy Exotic Meats, offre emu, yak e tartaruga. Mangiare carne di leone africano, come conferma Rocco, è alquanto inusuale in altre parti del mondo, compresa la patria stessa del felino: in Africa non è considerata nemmeno commestibile, dice Hunter. I maggiori consumatori di carne esotica vivono in Asia, dove “quasi ogni specie selvatica va bene: in Thailandia e in Vietnam, nei ristoranti si trova di tutto”, tigre compresa. Nel continente asiatico il mercato di parti di tigri è particolarmente fiorente: secondo Hunter, in Asia vi sarebbero tra le 4.000 e le 5.000 tigri allevate in cattività per essere macellate e vendute su vari mercati.
“Mentre in Italia - spiega Massimiliano Rocco - la detenzione di animali selvatici è espressamente vietata, negli Usa c’è un numero impressionante di grandi felini e animali tenuti in giardino quando non addirittura dentro casa: basti pensare che nei soli Stati Uniti vi sono più tigri in cattività di quante ne esistano al mondo in natura. Era inevitabile che qualcuno pensasse ad allevare grandi felini per mangiarli. Una pratica che avrà delle ripercussioni anche a livello internazionale. Se questa tendenza si diffonde nei paesi occidentali che argomenti potremo poi avere nei confronti della Cina, ad esempio, per indurli a interrompere il traffico e il consumo di parti di animali selvatici?”.
Fonte: www.nationalgeographic.it

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