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IL PASTICCERE MIRO MANCINI E L’AMBASCIATRICE DELLA CUCINA ITALIANA NELLE FILIPPINE MARGARITA FORES SONO I VINCITORI DEL “PREMIO MARIETTA” AD HONOREM. IL 23 GIUGNO, ALLA “FESTA ARTUSIANA” N. 17 (FORLIMPOPOLI, 22-30 GIUGNO), LA PREMIAZIONE

Il pasticciere di fama internazionale Miro Mancini e l’ambasciatrice della cucina italiana nelle filippine Margarita Fores, uniti dalla cucina italiana all’estero in nome di Pellegrino Artusi, sono i vincitori del “Premio Marietta” ad Honorem, il concorso nazionale dedicato alla governante del padre della cucina moderna del Belpaese, Pellegrino Artusi, promosso dal Comune di Forlimpopoli, in collaborazione con Casa Artusi e l’Associazione delle Mariette. Per la premiazione ufficiale, però, si dovrà aspettare fino al 23 giugno, quando, durante l’edizione n. 17 della “Festa Artusiana” (a Forlimpopoli dal 22 al 30 giugno), verranno incoronati insigniti del riconoscimento insieme al vincitore del “Premio Marietta” , il concorso nazionale dedicato agli appassionati di cucina, uomini o donne non fa differenza, l’importante è essere cuochi dilettanti animati dalla passione per i fornelli, e realizzare una ricetta ispirata al celebre manuale artusiano (per le iscrizioni c’è tempo fino al 3 giugno, info: www.pellegrinoartusi.it - www.casartusi.it).
Mancini, forlimpopolese d’adozione, si impone a livello nazionale grazie alle sue dolci proposte nell’arte della pasticceria, fa alcune esperienze in giro per il mondo, fino a concludere il suo percorso creativo a Forlimpopoli. Itinerario diverso, ma la sostanza non cambia, per Margarita Fores, stregata dalla cucina italiana in un viaggio nel nostro Paese nel 1986, la esporta nelle Filippine sino a farne un marchio di qualità, arricchito dalla figura di Pellegrino Artusi, con l’apertura a Manila lo scorso anno di “Casa Artusi Filippine”. Insomma, due personaggi che più glocal non si può. Scelta che bene si associa al tema centrale della Festa Artusiana di quest’anno, dedicata alla cucina italiana nel mondo.
A Miro Mancini il Premio gli viene assegnato “per aver saputo, nel corso di una lunga e soddisfacente carriera professionale, insegnare a tanti giovani la passione per un lavoro allettante, e far apprezzare, ben oltre i confini territoriali, l’arte della pasticceria made in Forlimpopoli”. Queste le motivazioni del Premio a Margarita Fores: “per promuovere la cucina italiana nelle Filippine e dintorni, con passione e competenza. Sostenitrice del pensiero e dell’opera artusiana, ha aperto, in accordo con il centro di cultura forlimpopolese e per le medesime finalità di formazione e ristorazione, Casa Artusi Filippine”.

Focus - La figura di Marietta Sabatini: una vita alla corte di “re” Artusi
“La fedele Marietta” è una figura centrale nell’opera dell’Artusi. In ombra, certo, se l’angolo di visuale è la ribalta letteraria, ma in primo piano se si guarda alla sostanza gastronomica e alla solidità del successo della “Scienza in cucina”. Oltre a parte dell’eredità e ai diritti d’autore di cui si è detto, Pellegrino Artusi a lei dedicò la ricetta del panettone (Panettone Marietta 604, alla quale Artusi non volle mai sostituire la ricetta del dolce milanese), che si trova nel manuale perché “è brava cuoca e tanto buona ed onesta da meritare che io intitoli questo dolce col nome suo, avendolo imparata da lei”.
Cameriera e cuoca, Marietta era originaria di Massa e Cozzile, un piccolo paese collinare della provincia di Pistoia, dove nacque nel 1860. Fu presa a servizio da Artusi intorno al 1887-1888, e gli rimase vicino, discreta efficiente fedele, fino alla fine. Governante, ma anche accompagnatrice dei soggiorni estivi sulla montagna pistoiese, ai Bagni di Montecatini o a Viareggio, è lei a rivelarci le abitudini quotidiane del riverito padrone, le sue frequentazioni, le sue passioni, e in particolare l’amore per i libri.
In una intervista del 1932 pubblicata sulla Cucina Italiana Marietta parla così di Artusi: “L’unico suo divertimento era lo scrivere. Il libro lo cominciò quasi per ischerzo. Poi vide che gli veniva bene e vi si appassionò. A poco a poco venne ad avere una corrispondenza con persone d’ogni ceto e d’ogni parte d’Italia. Scriveva sempre. Si alzava la mattina alle otto e si metteva a tavolino fino all’ora del pranzo. Poi riprendeva a scrivere per qualche ora. Ed era un continuo alternarsi fra lo studio e la cucina, la penna e le pentole. Si provavano le ricette, tutte, una ad una. Accanto a lui instancabile era sempre il suo cuoco che gli voleva tanto bene. Io pure non lo lasciavo mai. Altri compagni fedeli gli erano i due gatti ai quali dedicò la prima edizione del suo libro … La cucina era per lui un campo d’azione. Un luogo di studio. Io ho ancora e tengo come fossero gioielli le sue bilance, i suoi arnesi, tutto quanto gli era necessario ed egli adoperava sempre”. E ancora: “Era un terribile giudice delle pietanze, sapeva al solo assaggio riconoscere gli ingredienti e trovare qualsiasi difetto, immediatamente. A parte la cucina gli piaceva leggere ... Era un uomo coltissimo, ed amava istruire anche me. Ed io gli ero tanto riconoscente per questo”.

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