Partire dall’educazione al cibo nelle scuole, ma anche da un’alimentazione più sana nelle mense delle scuole stesse, per sensibilizzare i bambini di oggi, che saranno gli adulti di domani. Filosofia che unisce i progetti degli “orti scolastici” di Slow Food ed esperienze internazionali come quelle degli “Edible Schoolyards” di Alice Waters in Usa, “ispirata da un’iniziativa per la distribuzione di cibo prodotto localmente ai senza tetto di San Francisco”, ha spiegato la vice presidente di Slow Food, o la campagna di Jamie Oliver in Uk che, in 10 anni di attività, ha cambiato radicalmente la qualità del cibo servito nelle scuole britanniche. Oliver che, insieme al fondatore di Slow Food Carlin Petrini, e alla stessa Waters, ne ha parlato a Salone del Gusto - Terra Madre.
“Penso che la scuola - dice Oliver in un’intervista esclusiva a WineNews - sia un posto fantastico per cominciare ad educare i bambini al cibo, te lo dico da genitore di quatto figli. La cosa più bella che tu possa fare è divertirti con il cibo, perché il cibo è divertimento, non c’è niente di cui essere spaventati. Quello che vorremmo fare, sia a scuola che a casa, è far ispirare i bambini dal cibo, far capire loro da dove viene, che effetti ha sul corpo. Il compito che spetta a genitori e Governo è quello di far sì che i bambini da subito facciano le scelte giuste in materia di alimentazione”. Ed è la strada che Oliver ha battuto nella sua campagna in Inghilterra, iniziata 10 anni fa: “ho lottato duro, l’esperienza di Alice Waters mi ha ispirato da subito. Non è stato semplice, ma quando coinvolgi contadini capaci, artigiani, brava gente, questo ti rende più forte. Per intenderci: a livello mondiale si spendono sui 25 miliardi all’anno per fare pubblicità a cibo spazzatura, quindi lo scontro è duro.
Sono cambiate delle cose negli ultimi 40-50 anni: la refrigerazione, i forni a microonde, le tecnologie di distribuzione, gli additivi, le sostanze chimiche, insomma, cose per creare cibo che non dovrebbe esistere. Il cambiamento fa parte della storia dell’uomo, ma stiamo comunque parlando di un cambiamento senza precedenti, anche dal punto di vista della salute e del suo rapporto col cibo. Lo scorso anno, per esempio, per la prima volta nella storia sono morte più persone per cause legate all’obesità che per quelle legate alla malnutrizione. Siamo a un punto di svolta: nel Regno Unito abbiamo il maggior numero di bambini sovrappeso d’Europa. Ma credo che quello di ricevere una corretta educazione alimentare - dice Oliver - un’educazione alla cucina, a capire sia da dove viene il cibo che come questo influenza il corpo e la salute, sia uno dei diritti umani inalienabili di ogni bambino del mondo.
Ma per questa missione, questo sogno, abbiamo bisogno di lottare insieme, e con una sola voce. dobbiamo ricordarci - sottolinea lo chef - che il nemico è molto ricco, è stratega, e ha dalla sua parte alcune delle menti più fini in circolazione, e ben “armato”. E noi abbiamo in mano solo “pietre”. Ma io ho fatto un documentario circa dieci anni fa, in cui raccontavo quanto terribile fosse il cibo che i bambini britannici mangiavano a scuola, ogni giorno. Grazie a quel documentario, e alla reazione che ha generato, abbiamo ottenuto un miliardo di sterline dal Governo, siamo riusciti a far cambiare una legge, e abbiamo scritto su un pezzo di carta cosa esattamente può essere definito cibo sano. Adesso gli standard non sono male, anche dal punto di vista delle porzioni e nutrizionale: abbiamo stabilito che tipi di carne usare, come definirla, quali tagli usare e quali no, di friggere una volta a settimana e non cinque, per esempio. C’è una intera serie di queste regole che a dirla tutta per qualsiasi buon genitore sarebbero solo buon senso. Adesso sono legge.
Ma non basta questo, non basta fermarsi al cibo che si mangia, serve un approccio più ampio. Ed in questo senso è fantastico pensare che nel Regno Unito è diventato legge l’insegnamento del cibo e dell’alimentazione ai bambini. Ma per me non finisce qui: serve un movimento di persone che abbia a cuore questo tema per cambiare davvero le cose. Perché non va bene, per esempio, che le scuole siano circondate da ristoranti che servono cibo spazzatura.
Serve un ribilanciamento del dovere civico, di persone comuni, ma anche di sindaci, che spingano perché ci sia disponibilità di un cibo diverso. Bisogna lottare cominciando dalle piccole cose: il modo tramite il quale sono riuscito a raccogliere fondi e a creare leggi, da parte del Governo, è perché ho raccontato la storia tre mesi prima delle elezioni in Uk. E i politici hanno capito che se non poneva attenzione a questo tema potevano perdere voti. Bisogna fare pressione in questo modo”.
Come coinvolgere, però, tante persone ad affrontare un tema come questo, e farlo diventare un tema politico? La risposa, per Oliver, è semplice: i social media: “nel giro di due-tre anni avremo possibilità che renderanno capace il singolo produttore, il singolo consumatore, il singolo scrittore di parlare con una sola voce, e così si potrà avere ascolto più facilmente, e spingere ad un cambiamento che è di stampo politico”.
E, in questo senso, qualcosa succede anche in Italia: “in questi giorni è successo un piccolo miracolo - ha detto Carlin Petrini - perché proprio a pochi metri dal Salone del Gusto erano riuniti gli assessori all’Agricoltura delle Regioni di tutta Italia, che hanno deciso che dal 2015, nelle scuole, non sarà più possibile vendere merendine con molti zuccheri o bibite gassate. É fantastico. Ma è solo un inizio, c’è tanto da lavorare. Va bene pensare al cibo sano e buono nelle scuole, per esempio, ma perché non anche negli ospedali, dove si mangia malissimo. E poi vanno educati anche gli adulti, i genitori, perché è inutile che un bambino sia nutrito bene ed educato sul tema a scuola, se quando torna a casa poi, mamma e papà, gli danno da mangiare ogni porcheria”.
“Bisogna far innamorare i bambini del cibo - ha aggiunto la Waters - e questo quando glielo si fa coltivare, produrre, cucinare e assaggiare, succede in maniera naturale. E funziona con i bambini di tutte le origini ed estrazioni sociali”.
Un percorso lungo e difficile, dunque, quello dell’educazione alimentare per i bambini, ma anche per gli adulti, per il quale servono risorse, ovviamente anche economiche. “Ma che non sono da vedere come un costo - sottolinea Petrini - bensì come un investimento”.
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