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MERCATI DEL CIBO

Dazi, dagli Usa stop anche al falso formaggio made in Italy da Cina. A tutela di quelli “locali”

A dirlo Coldiretti. Che aggiunge: “a fermare le esportazioni italiane, per ora, non sono i dazi, ma le barriere sanitarie e legali imposte dagli Usa
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I dazi Usa contro la Cina coinvolgono anche i formaggi Made in Italy e le loro imitazioni

Da ieri, gli Usa di Trump hanno dato il via libera ad una nuova ondata di dazi sui prodotti cinesi, primo round di una serie di misure che, da qui a dicembre, dovrebbe mettere in campo su prodotti made in Cina per 300 miliardi di dollari. Nel contempo, la Cina ha minacciato contromisure per 75 miliardi di dollari.

E se per ora sul fronte europeo è tutto in stand-by, la guerra dei dazi tra le due superpotenze mondiale tocca, in qualche modo, anche l’Italia. Perchè “nell’elenco dei prodotti provenienti dalla Cina colpiti dai superdazi Usa c’è anche una lunga lista di formaggi di imitazione del Made in Italy, dal Reggiano al Provolone, dal Parmesan al Romano ottenuto però con latte di mucca e non di pecora”.

A dirlo la Coldiretti, che sottolinea come, però, “la decisione di inserire nella lista anche le imitazioni dei formaggi nazionali - sottolinea la Coldiretti - risponde alle sollecitazioni della lobby americana del falso formaggio italiano che si vuole difendere dalla concorrenza cinese. Infatti il falso made in Italy fattura 23 miliardi negli Usa, dove le brutte copie dei prodotti caseari nazionali ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni,
e sono realizzate per quasi i 2/3 in Wisconsin e California, mentre lo Stato di New York si colloca al terzo posto. In termini quantitativi in cima alla classifica - precisa Coldiretti - c’è la mozzarella con 1,89 miliardi di chili all’anno, seguita dal Parmesan con 204 milioni di chili, dal provolone con 180 milioni di chili, dalla ricotta con 108 milioni di chili e dal Romano con 26 milioni di chili realizzato però senza latte di pecora, secondo l’analisi Coldiretti su dati Usda. Si tratta di un mercato ricco ed in espansione, tanto che la potente lobby americana dei formaggi di tipo italiano - dice la Coldiretti - spinge lo stesso presidente degli Stati Uniti Donald Trump a far scattare superdazi anche sulle importazioni dei prodotti originali dall’Italia nell’ambito dello scontro sugli aiuti al settore aereonautico che coinvolge l’americana Boing e l’europea Airbus. Ci sono infatti, secondo la Coldiretti, 4,5 miliardi di esportazioni Made in Italy, soprattutto alimentare nella black list di prodotti sulla quale applicare un aumento delle tariffe all’importazione fino al 100% del valore attuale elaborata dal Dipartimento del Commercio statunitense. Dalle prossime mosse protezioniste di Trump sono in gioco - conclude la Coldiretti - settori di punta dell’agroalimentare nazionale in Usa a partire dal vino che con un valore delle esportazioni di 1,5 miliardi di euro nel 2018 è il prodotto made in Italy più colpito, l’olio di oliva le cui esportazioni nel 2018 sono state pari a 436 milioni, la pasta con 305 milioni, formaggi con 273 milioni, secondo lo studio Coldiretti”.

Ma oggi, a frenare il made in Italy, ricorda ancora l’organizzazione agricola, sono soprattutto le “barriere sanitarie e burocratiche erette spesso strumentalmente nei confronti dei prodotti agroalimentari nazionali, dal pomodoro ciliegino bloccato alle frontiere con il Canada ai porti chiusi al riso tricolore in Cina, che costano almeno mezzo miliardo all’ export nazionale”.
Un freno all’export agroalimentare nazionale che è in aumento del 6,7% nei primi cinque mesi del 2019 dopo aver raggiunto 2018 il valore record di 41,8 miliardi di euro secondo una analisi della Coldiretti su dati Istat. Una vera e propria guerra commerciale sommersa che - precisa la Coldiretti - nasconde spesso la volontà di difendere degli interessi locali per aggirare anche accordi internazionali sul libero scambio.

“Nonostante l’accordo Ceta di libero scambio tra Unione Europea e Canada, il pomodoro ciliegino, che era ben posizionato su quel mercato, è stato bloccato dalla richiesta delle autorità canadesi di importare pomodori senza parti verdi mentre in Cina anche dopo l’accordo sulla Via della Seta resta fermo - riferisce la Coldiretti - il protocollo d’intesa per autorizzare l’esportazione di riso da risotto con la richiesta di ulteriori informazioni da parte del governo di Pechino su quantità, superfici investite a riso in Italia, volumi importati ed esportati e una scheda sui trattamenti. Sull’impiego di particolari prodotti fitosanitari è poi incagliata la trattativa per consentire l’arrivo del riso tricolore anche in India”.

Vita dura - continua la Coldiretti - anche per i kiwi con l’Italia che è il secondo produttore mondiale ma non può esportarli in Colombia ed in Giappone che frena anche sulle arance tarocco Made in Italy. L’Italia resta in attesa di indicazioni da parte delle autorità della Corea del Sud per aprire le porte agli agrumi. Porte chiuse alle mele nazionali in molti Paesi asiatici come la Thailandia, il Vietnam e Taiwan, ma nostri produttori sono in attesa di riscontri anche per l’atteso via libera alle pere e alle mele in Sud Africa ed anche in Cina che frappone ostacoli per motivi fitosanitari è chiede assicurazioni sulla assenza di patogeni della frutta (insetti o malattie) non presenti sul proprio territorio con estenuanti negoziati e dossier che durano anni e che affrontano un prodotto alla volta. L’aspetto paradossale di questa vicenda è che mentre i prodotti italiani sono bloccati, non solo la Cina può esportare nella Penisola pere e mele, ma in Italia si è anche verificata una vera invasione di pericolosi insetti alieni dannosi alle coltivazioni di provenienza, più o meno diretta, dalla Cina come la cimice asiatica (Halyomorpha halys) che, distruggendo i raccolti nei frutteti e negli orti con danni stimati quest’anno in 250 milioni di euro, per la mancanza di nemici naturali”.
Le frontiere americane - denuncia ancora la Coldiretti - sono da tempo chiuse per la vendita di sementi di grano e carciofo fresco. E sempre nel nuovo continente in Brasile servono ancora riscontri per l’autorizzazione all’esportazione di susine provenienti dall’Italia nonostante l’Unione Europea abbia appena siglato l’accordo di libero scambio con tutta l’area Mercosur di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay”.

La maggior parte delle limitazioni riguarda la produzione ortofrutticola nazionale che nonostante un valore delle esportazioni di 4,9 miliardi di euro risente pesantemente di questi limiti come dimostra il fatto che nel 2018 si è verificato un crollo nell’ortofrutta fresca esportata dell’11% in quantità e del 7% in valore, rispetto all’anno precedente, secondo un analisi della Coldiretti. Ma difficoltà ci sono anche per altri prodotti come la carne bovine nazionale che è bloccata dalla Cina o per la gran parte dei prodotti della salumeria, anche cotti, che non possono essere esportati in Australia per pretesti burocratici ed amministrativi.

“A livello nazionale serve un task-force che permetta di rimuovere con maggiore velocità le barriere non tariffarie che troppo spesso bloccano le nostre esportazioni” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare la necessità per il nuovo Governo guidato dal premier Giuseppe Conte di “investire anche sulle Ambasciate, introducendo nella valutazione principi legati anche ai risultati commerciali. Un cambiamento che deve riguardare anche la logistica con trasporti efficienti sulla linea ferroviaria e snodi aeroportuali per le merci che ci permettano di portare i nostri prodotti rapidamente da nord a sud del Paese e poi in ogni angolo d’Europa e del mondo”.

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