Il consumatore enoico italiano medio è esperto, alla ricerca di vini di alto livello, legato alla produzione tricolore e ai grandi brand: è il profilo, fotografato a Wine2Wine, la piattaforma di Vinitaly per il business, l’aggiornamento e la formazione professionale della community internazionale del vino, da Heini Zachariassen, co-founder di Vivino, app di riferimento nel mondo del vino internazionale, con oltre 1 miliardo di bottiglie “scannerizzate” in tutto il mondo, e 135 milioni di euro di vendite enoiche all’anno. Zachariassen ha puntato i riflettori sull’importanza da parte delle aziende di usare app per raggiungere direttamente i clienti, senza passare da intermediari, portando come case history proprio Vivino, che, con uno dei database più forniti del settore, è in grado di fornire dei profili dettagliati di ciò che vogliono gli utenti, e cosa gli interessa sapere di un determinato vino. E, se ci si concentra sul Belpaese, si vede come nella Top 10 dei vini più cercati sul portale, c’è sul gradino più alto del podio il Dom Pérignon, simbolo assoluto della produzione dello Champagne, unico straniero presente in classifica, seguito dal Sassicaia della Tenuta San Guido, mito dell’enologia italiana, e il Brunello di Montalcino di Castello Banfi; subito sotto al podio si trova Il Bruciato di Guado al Tasso, tenuta bolgherese della famiglia Antinori, l’Amarone della Valpolicella Classico Costasera di Masi, il Trentodoc Brut di Ferrari, il Tignanello ancora di Antinori, il Cuvée Imperiale di Berlucchi, il Chianti Riserva Collezione Oro di Piccini e il Rosso di Montalcino di Castello Banfi. E non finisce qui: Vivino è in grado di selezionare anche quali sono le regioni più amate e ricercate, ma anche le aziende più di successo, almeno per quanto riguarda le ricerche online. Nella quale, spicca senza alcun dubbio Antinori, seguita da Banfi e Frescobaldi, e da brand simbolo dell’enologia italiana di qualità, da Donnafugata a Piccini, da Cecchi a Feudi di San Gregorio, da Masi a Fontanafredda, da Not a Wine a Kellerai Bolzan, da Tenuta San Guido a San Michele Appiano, da Ferrari a Bolla, da Sella & Mosca a Sartori, da Notte Rossa a Bertani e Ca’ dei Frati. E, anche da quest’altra fotografia, emerge come il consumatore italiano sia alla ricerca di vini che siano rappresentativi di una certa area geografica o comunque di un preciso territorio, a differenza di altri mercati, in cui i vini più scannerizzati su Vivino sono vini da supermercato, di qualità decisamente inferiore.
Si può dire, però, come sottolinea proprio Heini Zachariassen, che è il carattere di accessibilità e completezza di ogni tipo di vino, che differenzia l’app dalle grandi classifiche enoiche, come quella di Wine Spectator o di Robert Parker: si tratta di una gamma di vini da “consultare” molto più ampia (da una media di 1.000 bottiglie al giorno di Vivino ai 40.000 all’anno delle classifiche), che permettere di arrivare anche al fulcro di una questione fondamentale per le aziende che devono vendere vino: cosa interessa ai consumatori? E, un’altra volta, sono i dati raccolti sulle scelte degli utenti della piattaforma a fornire la risposta: la prima cosa che un consumatore cerca è il rating, ovvero il voto, se un vino è buono o no. Il secondo parametro che si ricerca è il prezzo, e poi le caratteristiche più specifiche del gusto: analizzando queste ultime, sottolinea Zachariassen, le aziende potrebbero imparare qual è il “vocabolario” che usano i consumatori per descrivere un vino buono e uno cattivo, sapendo anche come rivolgersi per creare maggiore empatia.
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