A marzo 2020, con la chiusura delle frontiere ai lavoratori stranieri, sono andate perse mezzo milione di giornate di lavoro in agricoltura (dati Istat). Lo segnala la Coldiretti, che ribadisce l’urgenza di strumenti più flessibili come i voucher “agricoli” per non far marcire i raccolti nelle campagne e garantire le forniture alimentari alla popolazione, e commenta positivamente le dichiarazioni di apertura del ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova, rilasciate in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno.
Una misura che permetterebbe a cassaintegrati, studenti e pensionati italiani di lavorare nelle campagne, in un momento in cui scuole, università, attività economiche ed aziende sono chiuse e molti lavoratori potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito.
“In piena pandemia - spiega il presidente Coldiretti, Ettore Prandini - si è verificato un calo del 10% delle giornate di lavoro nel mese di marzo nonostante il fatto che il secondo inverno più caldo dal 1800 abbia anticipato la maturazione delle primizie con l’avvio delle raccolte, dagli asparagi alle fragole. Un segnale drammatico, con il calendario delle raccolte che si intensifica con l’avanzare della primavera”.
Dopo fragole, asparagi, carciofi, ortaggi in serra (come meloni, pomodori, peperoni e melanzane in Sicilia) con l’aprirsi della stagione i prodotti di serra lasciano il posto a quelli all’aperto, partendo dal sud per arrivare al nord. Le raccolte di frutta sono partite con le ciliegie in Puglia, a seguire partirà la raccolta delle albicocche, poi prugne e pesche, sempre iniziando dal meridione, per poi risalire lo stivale ed arrivare fino a settembre. A maggio inizia la raccolta dell’uva da tavola in Sicilia, a giugno le prime pere, ad agosto le prime mele e l’inizio della vendemmia mentre a ottobre inizia la raccolta delle olive e a novembre quella del kiwi.
Una ricchezza del Paese che non può andare perduta, precisa la Coldiretti, in un momento in cui le scorte alimentari rappresentano una risorsa strategica del Paese per le difficoltà nel commercio internazionale e le misure protezionistiche adottate da molti Paesi. Con il blocco delle frontiere sono venuti a mancare 200.000 lavoratori stranieri che arrivavano temporaneamente in Italia per la stagione di raccolta per poi tornare nel proprio Paese.
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