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L’APPELLO

“Così il settore della ristorazione muore”: a WineNews, Aldo Cursano, vice presidente Fipe

“Il nostro è un mondo di piccole imprese di famiglia che vivono solo di lavoro. Senza aiuti, subito, non ce la facciamo”
ALDO CURSANO, FIPE, RISTORAZIONE, Non Solo Vino
La ristorazione in crisi per il coronavirus

“È a rischio un settore economico importante, ma anche identitario della ristorazione. Un settore fatto di tante piccole realtà, spesso di famiglie, che vivono solo grazie al lavoro. Che vanno in crisi per un raffreddore, figuriamoci per una pandemia. Il take away può funzionare di più per pizzerie e gelaterie, ma per tante altri tipi di attività non serve a far quadrare i conti, quanto piuttosto a dire “ci siamo” ed a dare un servizio. E con le misure varate fin qui, con i soldi per la liquidità e per la Cassa Integrazione che non arrivano, chi riuscirà a riaprire, fosse il 18 maggio o il 1 giugno, rischia di chiudere dopo una settimana. Serve che lo Stato faccia lo Stato, davvero, e che lo faccia ora, perchè così muoriamo”. Sono le parole, chiarissime, di Aldo Cursano, vice presidente Fipe/Confcommercio, che, a WineNews, fa il punto della situazione sullo stato di grande criticità che vive il settore della ristorazione, fondamentale anche per la vita delle cantine che investono tutto sull’alta qualità, e per tanti sistemi agricoli e alimentari di eccellenza. Un settore che, dalle stime Fipe/Confcommercio, a fine anno, potrebbe lasciare sul terreno 34 miliardi di euro, più di un terzo degli 84 miliardi di euro di giro d’affari del 2019.
“Le risorse per la liquidità e la Cassa Integrazione servono oggi, ora, subito, non fra tre mesi. Ma non arrivano, ed è per questo che ci sentiamo traditi dallo Stato e dalle banche. Sulla riapertura a questo punto non conta solo il quando, ma il come. Perchè se si mettono in piedi protocolli che vanno bene per le grandi imprese, tutte quelle piccole non reggeranno, anche dal punto di vista dei costi. Faremo di tutto per non far morire un settore che ha dato a questo Paese, e che ora per sopravvivere e ripartire chiede qualcosa indietro”.

Intanto, sono arrivate ad oltre 21.400 le firme, raccolte in pochi giorni, a sostegno della petizione “Apriamo in sicurezza bar e ristoranti il 18 maggio, promossa dalla Fipe e indirizzata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al quale si riporta la disperazione dei tanti piccoli esercizi di somministrazione che senza contributi immediati sono destinati a non riaprire. Oltre 3.000 firme al giorno, con una decisa impennata nelle ultime ore, per chiedere al governo di anticipare la fine del lockdown per un settore che in Italia dà lavoro a 1,2 milioni di persone nell’ambito di 300.000 imprese, creando un valore aggiunto di oltre 46 miliardi di euro. Un settore che è parte essenziale di una lunga filiera che coinvolge allevatori, agricoltori, pescatori, casari, trasportatori, e poi enologi, vignaioli, imbottigliatori, magazzinieri, trasformatori artigianali e industriali.
“Chi ha firmato questa petizione - spiega Cursano - non sono solo gli imprenditori del settore, ma anche tanti cittadini che chiedono di poter nuovamente contare su un servizio importante della loro quotidianità. Se aiutati con contributi veri, Bar e ristoranti sono pronti a riaprire in sicurezza, sulla scia delle centinaia di migliaia di imprese che da oggi sono tornate a svolgere la loro attività in tutta Italia. La Fipe/Confcommercio ha elaborato un serio protocollo per garantire nei locali la sicurezza basata sul distanziamento interpersonale e questa è un’assunzione di responsabilità e una dimostrazione di serietà da parte dell’intera categoria. È chiaro però che la prevista riduzione dei fatturati, dovuta proprio al rispetto delle misure di distanziamento, dovrà essere compensata con contributi a fondo perduto e una pari riduzione dell’imposizione fiscale. Una richiesta di buon senso che ribadiremo oggi, quando trasmetteremo al premier l’appello con le firme: senza aiuti le nostre imprese non ce la faranno”.

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