Attenzione importante al territorio, che, in termini “enologici”, si traduce nella massima valorizzazione del vigneto alla luce del concetto di Cru (a sua volta interpretato dalle MGA); etichette, non moltissime ma significative, a “presidiare” le aste internazionali e il mondo del collezionismo enoico; capacità dell’areale di dare spazio ad una costellazione variegata di produttori - “Barolo Boys”, “tradizionalisti”, “anarchici”, “classicisti” - che accresce così le proprie diversità interpretative (amplificando la curiosità del pubblico/cliente più esperto, cioè il “target” principale per un vino come il Barolo). Il tutto, naturalmente, confortato anche dai numeri, che hanno sempre la loro centralità: prezzo ad ettolitro del Barolo 2017 da 796 a 858 euro ad ettolitro, mentre il 2018 oscilla tra i 780 ed i 797 euro ad ettolitro (dati Camera di Commercio di Cuneo); Piemonte, nel suo complesso, nel podio delle Regioni con l’export più forte nel 2021 (+12,2%, dati Istat). Oltre a tutto questo, una superficie dedicata al Nebbiolo da Barolo di 2.150 ettari (con un valore ad ettaro, soprattutto dei Cru più importanti, che va ben oltre i 2 milioni e mezzo di euro), non enorme in assoluto, dunque, ma “giusta” a determinare quel fondamentale differenziale tra domanda e offerta che può rendere, guardando, naturalmente, al mondo, un vino un bene esclusivo (l’obiettivo fondamentale per un vino come il Barolo). Un modello, evidentemente ancora in fieri (lontano, per carità, dalla blasonatissima Borgogna, che potrebbe avvicinarsi di più alla conformazione barolista), ma che nell’Italia del vino appare ancora poco seguito.
(fp)
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