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CONTI AI FORNELLI

Cerea, Bottura, Alajmo, Cannavacciuolo e Bartolini: i tre stelle Michelin al top per fatturati

Nell’analisi di “Milano Finanza” lo stato della ristorazione stellata: boom dei fatturati, ma anche dei costi. Ospitalità e tv per sostenere i conti

Sul podio degli chef tre stelle Michelin del Belpaese, per fatturati registrati nel 2022, salgono Da Vittorio (Famiglia Cerea), con 40 milioni di euro, Massimo Bottura e tutta la galassia che ruota intorno all’Osteria Francescana, con un fatturato di 17 milioni di euro (dai 10 milioni del 2021), ed il gruppo Alajmo, che raggiunge i 16 milioni di euro. Così l’analisi della testata economico-finanziaria “Milano Finanza”, basata sui numeri della società di consulenza turistica e territoriale Jfc, che mette, quindi, Villa Crespi, guidata da Antonino Cannavacciuolo, al quarto posto, con poco meno di 10 milioni di euro. Al quinto, Enrico Bartolini, lo chef più stellato d’Italia (una galassia di 12 stelle, su cui spiccano le tre del Mudec, e l’Enoteca Pinchiorri, che, nel 2022, hanno fatturato 5 milioni di euro (dai 3 del 2021). Quindi, Uliassi, passato da 2 a poco meno di 3 milioni di euro, mentre merita un discorso a parte il colosso Rome Cavalieri, ossia La Pergola di chef Heinz Beck, che ha visto salire il proprio fatturato da 25 a 58 milioni di euro.
Nel 2022 il fatturato dei ristoranti stellati Michelin d’Italia è cresciuto del 26%, a 327 milioni di euro, dai 259 milioni di euro del periodo pre-pandemia. Ripartendo questo dato tra le diverse categorie, i locali con una stella (329) hanno fatturato 259,9 milioni di euro (contro i 203,9 milioni di euro del 2019, quando, però, gli stellati erano solo 288), i ristoranti con due stelle (38) hanno incassato 47,12 milioni di euro (dai 42,73 milioni di euro del 2019, con lo stesso numero di insegne), e i tre stelle, gotha di cui fanno parte appena 11 ristoranti nel Belpaese, hanno fatturato 20,46 milioni di euro (il 66% in più dei 20,46 milioni di euro del 2019).
A spingere in alto i fatturati, continua lo studio, è stata principalmente l’inflazione, con i rincari generali dei costi che si sono trasferiti sui prezzi di menu e piatti. Tra il 2019 ed il 2022, infatti, l’incremento dei prezzi è stato del 23,4% per i ristoranti con una stella, del 26% per quelli con due stelle e del 17,3% per i tristellati. È interessante poi ricordare, come fa Massimo Ferruzzi, ad Jfc, sempre a “Milano Finanza”, che “la categoria che permette il guadagno maggiore è quella dei locali con una sola stella Michelin, perché in questa fase il ristorante riesce ad ampliare la clientela, aspirando a raggiungerne una più alto spendente, aumentando i prezzi ma avendo ancora dei costi contenuti rispetto ai ristoranti con due o tre stelle”. Difatti, se si guarda l’incremento dei fatturati, tra il 2019 ed il 2022 gli stellati segnano il +53,2%, quelli con due stelle il +18,7% e quelli con tre stelle il +25,6%.
Cambia, nel complesso, l’offerta degli 11 tre stelle Michelin d’Italia, con più della metà - da Heinz Beck a Villa Crespi, dal Piazza Duomo di Enrico Crippa al Reale di Niko Romito, a Casa Maria Luigia di Massimo Bottura - che offrono, oltre alla ristorazione, anche ospitalità. Continua a contribuire in maniera importante ai fatturati della ristorazione tristellata la televisione, i cui proventi si sommano a quelli di catering ed e-commerce. Tutto serve, per fronteggiare costi delle materie prime che, ricorda Giacomo Pini (Gp Studios), sono cresciuti anche del 40%. Per non parlare della bolletta energetica, che insieme ai costi relativi ai dipendenti spinge i costi della produzione di Canavacciuolo a 8,5 milioni di euro. Si spiega così il prezzo medio di 100-150 euro a testa per il menu di uno stellato, che diventa di 200 euro per un due stelle e di 300-400 euro per i tre stelle. Che, comunque, non permettono ai locali italiani di essere competitiva con la ristorazione d’eccellenza del resto del mondo, dove spesso alle spalle ci sono grandi fondi di investimento, e dove i costi del personale sono decisamente più bassi. Ciò nonostante, chiosa Ferruzzi (ad Jfc), “il 2023 sarà migliore del 2022, specie grazie ai turisti americani, che risentono meno degli effetti dell’inflazione”.

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