Tra vino e salute il rapporto non è mai stato semplice, e negli ultimi anni le spinte delle lobby salutiste, all’interno delle istituzioni europee come dentro l’Organizzazione Mondiale della Sanità, hanno rischiato più volte di incrinarlo definitivamente. L’obiettivo, ovviamente condivisibile, è la lotta gli abusi, perché l’alcol comporta una spesa economica e sociale - tra malattie cardiovascolari ed effetti collaterali che si riversano sulla società - enorme. Eppure, il vino in questa lotta può rivelarsi un alleato fidato, più che un nemico: un prodotto della tradizione e della terra, ma anche fondamento della cultura e della storia alimentare del Mediterraneo, è un argine naturale alle derive del binge drinking che tanto hanno a che fare con i giovani nordeuropei e poco con i consumatori del Belpaese.
Non è un caso, allora, che la percentuale di popolazione sopra i 14 anni che ha ecceduto in almeno un comportamento di consumo a rischio di bevande alcoliche è scesa dal 19,9% del 2010 al 15,3% del 2022. A dirlo, sono i dati del report Istat “Aspetti della vita quotidiana”, analizzati da Confeuro ( Confederazione degli Agricoltori Europei e del Mondo), che sottolinea anche come il consumo eccedentario (più di due unità alcoliche per l’uomo e una per la donna) è calato dal 13,8 al 9,6%, mentre il binge drinking, ossia il bere fino ad ubriacarsi, è passato dall’8,5 al 7,2%.
Numeri incoraggianti, ma, per Confeuro, è necessario, comunque, introdurre tra le materie d’insegnamento anche l’Educazione Alimentare, e soffermarsi sui rischi per la salute che scaturiscono dagli eccessi di alcool, perché molte delle malattie al fegato, dei danni celebrali e delle malattie cardiovascolari nascono proprio da un abuso d’alcool protratto nel tempo.
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