“L’agricoltura non chiede privilegi, pretende rispetto. Non può essere una voce residuale del bilancio Ue, perché è la condizione stessa dell’Europa: garantisce cibo sicuro, tutela dell’ambiente, resilienza dei territori e futuro delle comunità. Per questo, il 18 dicembre saremo in piazza a Bruxelles, con oltre 5.000 agricoltori e almeno 1.000 trattori in arrivo da ogni parte del continente, per ribadire che il settore è primario per un motivo”. A lanciare la mobilitazione è il presidente Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, dall’Assemblea Annuale 2025, davanti al vicepresidente della Commissione Ue Raffaele Fitto, al Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, ai parlamentari e ai delegati da tutta Italia, riuniti all’Auditorium Antonianum di Roma con lo slogan “Coltiviamo l’Europa, proteggiamo il Futuro”.
“Oggi siamo a una svolta pericolosa. Il rischio di un progressivo smantellamento della Pac dopo il 2027, delineato dal nuovo Qfp, Quadro Finanziario Pluriennale, appare sempre più concreto e significherebbe un taglio drastico delle risorse e la loro dispersione in un fondo unico, destinato a generare conflitti tra comparti e a compromettere il mercato unico - ha detto Fini - sarebbe la fine di un sistema equo: avremmo agricolture di serie A e agricolture abbandonate alla serie B”. Secondo Cia-Agricoltori Italiani (ma non solo), trasformare la Pac post 2027 in un capitolo indistinto del Qfp, con un taglio delle risorse del 22% indebolirebbe, infatti, il settore e l’intero impianto comunitario. Il peso dell’agricoltura nel bilancio Ue crollerebbe dal 31% al 15% e solo per l’Italia significherebbe passare da 40 miliardi di euro a circa 31, con 9 miliardi di euro di perdita netta. “Ecco perché rilanciamo una mobilitazione senza tregua, finché non vedremo un cambio di passo vero, non di facciata - ha aggiunto - ora l’Italia assuma con forza la guida di questa battaglia decisiva per il futuro dell’agricoltura e le istituzioni nazionali ed europee dimostrino davvero, con fatti e non parole, di essere dalla nostra parte”.
Nel suo intervento Fini ha segnalato anche una deriva generalizzata sempre più evidente: “durante la pandemia, l’Europa è stata rapida, solidale, concreta. Adesso sembra attraversata da lentezze, divisioni, compromessi al ribasso. Ma la complessità globale non si governa con 27 politiche diverse”, ribadendo come la futura Pac rappresenti “il banco di prova decisivo per lo sviluppo dell’Europa in cui crediamo” e che non debbano “essere messe in competizione la politica di coesione con quella agricola, né alimentare una logica di contrapposizione per l’assegnazione delle risorse”, al contrario “deve esistere una sinergia efficace tra le due, per sostenere la crescita dei territori e la competitività delle imprese”. I dati dicono infatti che il 56% della superficie coltivabile italiana si trova nelle aree interne, dove vivono 13 milioni di persone, soprattutto agricoltori, un argine contro il dissesto idrogeologico che mette a rischio il 60% del territorio nazionale: “difendere queste zone significa difendere l’Italia reale”, ha sottolineato Fini.
Altro tema d’impatto per il settore in generale è la distribuzione equa del valore lungo la filiera: “su questo gli agricoltori non possono più attendere. Non può accadere più di vendere i nostri prodotti sotto i costi di produzione. Basta al grano sottocosto, basta subire pratiche commerciali sleali”, è la denuncia di Fini con dati a supporto: chi produce grano duro nel Mezzogiorno perde dal 2% al 7% a tonnellata e, più in generale, su 100 euro spesi dal consumatore, solo 7 euro arrivano all’agricoltore. “Non è accettabile che la filiera scarichi gli squilibri sugli agricoltori. Il giusto valore non è uno slogan: è una necessità.
Infine, riguardo al commercio internazionale, il presidente Cia-Agricoltori Italiani ha chiarito che l’organizzazione non mette in discussione l’apertura dei mercati, ma chiede una linea europea molto più ferma: “non possiamo competere con Paesi che producono con regole diverse, spesso inesistenti. Senza reciprocità non c’è concorrenza, c’è dumping - ha affermato - e questa deve essere anche la bussola da seguire anche nelle trattative sul Mercosur”.
Quanto alle tariffe, “non siamo per l’uso dei dazi come arma politica: i costi superano i benefici - ha concluso citando gli ultimi numeri sull’export agroalimentare tricolore verso gli Usa (che nell’estate 2025, sullo stesso periodo 2024, ha visto evaporare 282 milioni di euro dal mercato statunitense) - queste sono le istanze del nostro settore. Ora chiediamo alle istituzioni di fare la propria parte: con coraggio, visione e coerenza. Perché senza agricoltura non c’è sicurezza alimentare, ambientale e sociale. Non c’è futuro. Non c’è Europa. È questo il messaggio che porteremo a Bruxelles il 18 dicembre insieme al Copa-Cogeca: non stiamo difendendo solo un comparto, ma il destino stesso dei territori e delle generazioni che verranno”.
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