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ATTUALITÀ

Caro pasta, è scontro tra agricoltori e pastai. Ma il prezzo potrebbe presto scendere

Coldiretti e Confagricoltura difendono chi lavora in campagna. Per Unione Italiana Food (Uif) i produttori “sono dalla parte dei consumatori”
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Un piatto di pasta, un must per gli italiani (ph: valeria_aksakovaa su Freepik)

Caro pasta, è scontro tra agricoltori e pastai. Un prodotto irrinunciabile per gli italiani, tra i simboli della Dieta Mediterranea, ma che è sempre più caro. E che ultimamente sta facendo parlare di sé più per il costo che per le sue pregiate caratteristiche. Coldiretti è tornata sul tema, per la riunione della Commissione di allerta rapida sul caro pasta, al Ministero delle Imprese e del Made in Italy guidato da Adolfo Urso, sostenendo che “occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali per garantire prezzi giusti ed una più equa distribuzione del valore a tutela dei consumatori degli agricoltori contro le pratiche sleali”. Ma anche sottolineando l’esigenza di “sostenere nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza l’agroalimentare dove sono stati presentati progetti dalla pasta alla carne, dal latte all’olio, dalla frutta alla verdura con più di 50 proposte e migliaia di agricoltori, allevatori, imprese di trasformazione, università e centri di ricerca coinvolti”.
A difesa degli agricoltori anche Confagricoltura, con il vicepresidente Matteo Lasagna, intervenuto anche lui nella Commissione. “La recente evoluzione delle quotazioni di mercato a livello nazionale sta preoccupando non poco gli agricoltori, che nonostante le recenti inversioni di tendenza, stanno ancora patendo il forte aumento dei costi di produzione affrontato nell’ultimo anno. Per il grano duro, nelle ultime settimane i prezzi all’origine si sono contratti notevolmente, con riduzioni che hanno raggiunto il 10% su base settimanale”. Nell’analisi sui rincari della pasta che è aumentata, riporta Confagricoltura, “del 17% sull’anno scorso, in un contesto caratterizzato dalla riduzione del prezzo del grano duro e dalle dinamiche variabili dei costi dell’energia e degli altri fattori della produzione”. Coldiretti, invece, ha ricordato che “il grano duro per la pasta viene pagato in Italia 36 centesimi al chilo ad un valore che non copre i costi di produzione ed è inferiore di oltre il 30% sullo stesso periodo del 2022, mentre il prezzo della pasta è aumentato il doppio dell’inflazione.
Diverso, invece, il punto di vista di Unione Italiana Food (Uif): “il prezzo della pasta alla produzione è cresciuto in un anno del +8,4% (dati ufficiali Istat, marzo 2023 su marzo 2022), ovvero al pari dell’indice di inflazione medio registrato dai beni al consumo. L’incremento per il consumatore, che dipende da dinamiche esterne al mondo della produzione della pasta, si attesta invece su una percentuale del +16,5% (e non del 17,5% o di altre cifre enunciate erroneamente in questi giorni) quando la media del totale dei prodotti alimentari è del +15% (dati ufficiali Istat, aprile 2023 su aprile 2022). Parliamo quindi di un rincaro sul prezzo della pasta che si attesta di un punto e mezzo percentuale in più rispetto agli altri prodotti alimentari”.
Dunque, per Unione Italiana Food (Uif), “i pastai italiani sono sempre dalla parte dei consumatori
. Lavoriamo tutti nella direzione di tutelare sempre al meglio i consumatori ma, seppur i costi rimanessero quelli attuali, non possiamo dimenticare che l’aggravio di spesa per persona all’anno sarebbe di 10 euro, ovvero il 16,5% in più su un prodotto che costa in media 1,07 euro al pacco (dato Istat). Insomma, ben al di sotto di tanti altri rincari e perfettamente in linea con il costo dell’inflazione. Tenendo conto che si tratta di un prodotto che finisce quotidianamente sulle tavole degli italiani, sinceramente l’allarmismo di questi giorni appare davvero poco giustificato. Si sono letti tanti numeri, alcuni anche sbagliati: resta il fatto che noi pastai possiamo solo ribadire che il prezzo della pasta alla produzione è aumentato del +8,4%, in linea con l’aumento dell’indice d’inflazione medio dei beni al consumo. Se l’aumento del prezzo al consumo è stato poi del +16,5% è frutto di dinamiche esterne al mondo della produzione”.
Secondo Uif, “l’incremento del prezzo della pasta presentato come un’allerta, è invece un dato logico e facilmente spiegabile. La pasta oggi a scaffale è stata prodotta mesi fa con grano duro acquistato alle quotazioni del periodo ancora precedente, con i costi energetici del picco di crisi bellica, cui si sono aggiunti i forti costi del packaging (carta e plastica) e della logistica (carburante, pallet, containers). I prezzi di oggi, quindi, sono il risultato di una libera contrattazione fatta dalle singole aziende con la distribuzione”. Una situazione che i pastai di Unione Italiana Food (Uif) non hanno tardato a definire come una “tempesta perfetta” per il settore della pasta e non solo. “È vero, i costi sono scesi ma non sono tornati ai livelli del passato e sono ancora piuttosto sostenuti rispetto a quelli registrati a cavallo del 2020/2021”.
Infine, l’attacco. “Fa male vedere che qualche organizzazione agricola che conosce bene questi meccanismi metta in contrapposizione il basso prezzo del grano duro con il presunto prezzo alto della pasta e non faccia altrettanto a condizioni invertite. Questo approccio non fa bene alla filiera - continua Unione Italiana Food - e se la pasta ha un prezzo più sostenuto è probabile che, in prospettiva, ci sia più margine di crescita anche per il grano duro. Di certo, se il prezzo della pasta è basso, il prezzo del grano duro è destinato a comprimersi e le aziende pastaie a chiudere”. E, non a caso, viene citato il dato sui pastifici italiani che sono sempre meno, passati dai 500 negli Anni Settanta del Novecento a poco più di 100 oggi e “la ridottissima marginalità che caratterizza la produzione di pasta mette a dura prova la tenuta dei bilanci delle aziende pastarie”.
Nel confronto tecnico, i rappresentanti di Istat, Ismea e del sistema delle Camere di Commercio hanno segnalato come le ultime rilevazioni dei prezzi stanno già dimostrando i primi segnali, seppure deboli, di diminuzione di prezzo, segno che, nei prossimi mesi, il costo della pasta potrà scendere in modo significativo. La Commissione, dal canto suo, ha ribadito che continuerà l’opera di monitoraggio sull’effettiva discesa dei prezzi, a tutela dei consumatori.

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