Distribuzione: eccolo là il nodo. E promozione, l'altra faccia della medaglia della commercializzazione: una medaglia bella larga, visto che il campo d'azione del vino italiano è vasto e tondo, ormai, quanto il mondo. O giù di lì ... Di distribuzione (qualcuno dei più navigatori più pervicaci di Winenews forse lo ricorderà) avevamo parlato qualche mese fa. Anzi, meglio: avevamo lasciato parlarne (aggiungendo solo qualche acconcio commento al suo sfogo) un professionista di settore, enotecario emerito, che ne enumerava le poderose magagne sofferte in prima persona, altrettante "lagrime sulla mia pelle", come cantava il buon De Gregori, clonato di recente da Blasco Rossi.
Ora, la notizia (concentrica e in arrivo da più direzioni, come capita per le vere notizie che fanno tendenza) è che qualcuno sta provando dei - per così dire - contravveleni. Cioè, a sperimentare una soluzione per uno dei quesiti più grossi che ogni azienda, da piccola a media (e in Italia le veramente grandi quasi non esistono), e ancor più se nuova o seminuova, si trova a dover affrontare: quella di far navigare il proprio prodotto in bottiglia in patria e nel mondo in modo razionale, con il massimo degli ambasciatori (leggasi distributori) a disposizione quanto a presenza ed efficienza, e preceduto da acconci banditori (leggasi, invece, un'adeguato e intelligente sforzo promozionale).
Facile capire che il quesito da risolvere è bello grosso, pesante per le forze di un singolo operatore, specie se fresco dii nvestimenti sull'hardware di vigna e cantina, e fonte di costi aggiuntivi che vanno a scaricarsi sulla già (sovente) sovraprezzata bottiglia proprio in un momento in cui sul mercato occorre starci invece con equilibrio massimo, visti i tempacci che corrono.
Si sa bene, d'altro canto, che il pur lodevole lavoro di supporto tentato fin qui dagli enti di diritto pubblico (regioni, provincie, consorzi vari) ha il doppio difetto di essere, per forza di cose, indiscriminato (mette insieme di tutto, sotto lo scudo inesorabile della comune appartenenza territoriale) e spesso fuori target (non essendo sempre affidato a professionisti "giusti" e capaci di fornire la chiave per un'impostazione e una collocazione davvero producente). Quanto all'Ice e al suo lavoro, se n'è già detto abbastanza in passato (forse anche esagerando in qualche caso, o dimenticando alcune cose ben fatte, ma centrando purtroppo il bersaglio nella sostanza).
Ecco allora che, a latere di tutto il resto (guai a rinunciarci, anzi: va semmai migliorato) è scattata l'iniziativa privata dei più provvidi. Distribuzione in comune, e/o sinergie nella promozione: per far numero, per fare assortimento, per dividere i costi.
A distribuire cose altrui, come si ricorderà, aveva cominciato quel grande produttore-imprenditore che è Angelo Gaja, anticipatore su questa, come su parecchie altre strade. Ma in realtà, il ruolo scelto dal king di Barbaresco era stato quello di importatore. Solo stranieri, insomma, nel mazzo. E non sinergie con altri produttori di area, o comunque italiani.
Poi, un bel periodo di silenzio.
Fino agli ultimi fuochi. Quelli di cui si parlava sopra.
Ve li citiamo in ordine sparso, visto che stabilire una cronologia esatta è tutto sommato superfluo. Diciamo che sono scelte tutte figlie di questo periodo. E che si dividono semmai sui campi di prevalenza per l'una o per l'altra: i soliti due cioè, distribuzione e promozione.
Su quest'ultima hanno stretto ad esempio un patto intelligente quelli di "Vines & Wines", ovvero vigne e vini, aziende di angoli d'Italia e con produzioni differentissime (dalla Sicilia di Cusumano al Veneto di Carpené Malvolti, passando per il Lazio di Mazziotti, la Romagna di Tre Monti, e risalendo al Trentino della Cantina LaVis e la Friuli di Pujatti) che si sono raccordati per presentare insieme, soprattutto all'estero, una squadra quanto mai composita per tipologie di vini e vitigni, e dunque potenzialmente molto stimolante per un "taster" straniero a caccia di cose buone e nuove, e intelligentemente rappresentativa (sia pur riassumendo parecchio) della "biodiversità" italiana nel campo del vino. Colpo maestro poi affidare la direzione delle operazioni a una conoscitrice del mercato internazionale e dei suoi protagonisti (e ferrea, instancabile cucitrice di inziative) come Lia Teo, ministro degli esteri della Carpené Malvolti. La stessa LaVis, già prima di "Vines & Wines" aveva stretto di suo accordi forti nel campo della distribuzione con aziende di rilievo. Ma preferendole ad alto indice di diversità nelle tipologie di vino-bandiera. E finendo poi per accordarsi di nuovo con un distributore esterno comune.
Batte invece un'altra strada, quella del "forza Toscana" (e in subordine "forza Chianti", stessa bandiera del resto sventolata nelle iniziative condivise di rivalorizzazione piena della denominazione con nomi come Castello di Ama, La Fattoria La Massa, Castello di Brolio) un'azienda managerialmente a sua volta d'avanguardia (basta pensare ai ... cromosomi della famiglia titolare) come Castello di Fonterutoli. I suoi alleati, in un progetto di distribuzione comune, anzitutto, e poi in subordine di comunicazione sinergica (aprite il sito aziendale, peraltro benissimo impostato ... ) si chiamano La Brancaia e Teniuta di Ghizzano. Proprietà, la prima, di due imprenditori svizzeri, Bruno e Brigitte Widmer, in zona dal 1981, e tutt'altro che ultimi arrivati quindi, con poderi esattamente dall'altra parte della strada (Brancaia e Poppi) rispetto alle vigne di Fonterutoli. La seconda, invece, è la "label" dei Venerosi Pesciolini, signori dell'area fin dalla seconda metà del quattordicesimo secolo, ed esponenti dunque di quella Toscana dal sangue metà blu e metà rosso (per via del vino prodotto) di cui fan parte anche dinastie come gli Antinori o i Frescolbaldi. A curare Ghizzano pensa l'argutissima, giovane Ginevra. E l'intesa con l'ultima generazione della famiglia Mazzei deve essere stata istintiva. I tre Chianti (e tutto il testo, perché poi ci sono ovviamente gli altri vini importanti che ciascuna delle tre cantine può mettere in campo) viaggiano uniti. E, uniti, provano a convincere il mondo della bontà di quanto sta accadendo in una delle zone più classiche (certo la più antica per denominazione accertata) dell'Italia da vino. E poi anche la recente acquisizione di Castiglion del Bosco in quel di Montalcino da parte di un gruppo (il cui capofila è Massimo Ferragamo) - che vede il coinvolgimento di Francesco Mazzei nel management - potrebbe anche essere un ulteriore tassello.
Funzionerà? Il verdetto al mercato. Ma con presupposti certo più felici dell'ordine sparso, o del "tutti insieme litigiosamente" che la maggior parte delle aziende e buona parte delle iniziative pubbliche di cui sopra vanno sin qui proponendo. Se poi il frutto di un miglior risultato di gestione si riflettesse, finalmente, come leva di calmiere sui prezzi, il consumatore non potrebbe esimersi dal trasformarsi interessatamente in tifoso ... Per ora, limitiamoci ai - doverosi - auguri. Poi, in corso d'opera, verificheremo ...
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