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Era il 2011 quando il progetto “Viva Sustainable Wine” muoveva i primi passi. Oggi, dal Vinitaly di Verona, a fare il punto è la vignaiola Ornella Venica: “il concetto di sostenibilità ambientale del vino va comunicato e reso remunerativo”

Era il 2011 quando il progetto “Viva Sustainable Wine”, su iniziativa del Ministero dell’Ambiente muoveva i primi passi, con l’obiettivo di promuovere la valutazione dell’impatto sull’ambiente del comparto vitivinicolo italiano, dal Nord al Sud del Paese, dalle piccole alle grandi imprese. Nel 2014, proprio da Vinitaly, furono presentate le prime bottiglie lanciate sul mercato, firmate dalle 9 aziende pioniere del progetto: Castello Monte Vibiano Vecchio, Gancia, Antinori, Masi, Mastroberardino, Michele Chiarlo, Planeta, Tasca d’Almerita e Venica. A fare il punto sullo stato dell’arte del progetto Viva, ancora una volta dal Vinitaly, di scena a Verona fino al 18 aprile, è Ornella Venica, che a WineNews focalizza l’attenzione su un tema fondamentale: la percezione del concetto di sostenibilità tra i consumatori, spesso confuso con quello di biologico.

“Nel 2001, ad un incontro di Viva, dissi che si rendeva indispensabile un accordo tra i Ministeri di Ambiente ed Agricoltura, perché è vero che Viva nasce come progetto di tutela e rispetto dell’ambiente, ma il vino è comunque un prodotto agricolo, quindi è fondamentale che sia sostenibile, anche per diventare uno strumento di promozione del nostro territorio. E questo - racconta Ornella Venica - è il primo obiettivo, che abbiamo raggiunto. Il secondo è fare in modo che i giovani percepiscano il concetto di sostenibilità ambientale quando si parla di vino: il consumatore ancora non è in grado di capire cosa vuol dire vino, o azienda, sostenibile, parlando erroneamente di vino biologico o biodinamico, comunque validissimo, ma nell’ambito di Viva prima di tutto viene l’ambiente, poi si parla anche di diversità e di vigneto, e quindi di conduzione agricola, che può anche essere biologica o biodinamica”.

“Dobbiamo lavorare molto su questo settore - continua Ornella Venica - e fare in modo che venga percepito anche il valore economico: l’impegno dei vignaioli deve vedere valorizzato, anche di poco, l’impegno alla base di un vino Viva, che merita la stessa attenzione e valenza dei vini biologici o biodinamici. Se riusciremo a fare questo ne usciremo vincitori, altrimenti sarà comunque un percorso di crescita aziendale, interna e di pochi altri, e questo sarebbe un limite, perché l’Italia deve comunicare al mondo la propria attenzione per l’ambiente e diventare un Paese green a tutti gli effetti, mettendo al primo posto la tutela del made in Italy. Per riuscirci, è fondamentale avere al nostro fianco lo sforzo dei Ministeri, così come gli enti di ricerca. Dobbiamo essere in grado, e dobbiamo fare in modo, che il consumatore si senta parte integrante del progetto Viva. Serve però la certificazione di un ente terzo, perché non basta lo story telling - conclude la vignaiola del Collio - ci vuole anche una credibilità scientifica: il consumatore finale è l’anello mancante, e noi dobbiamo lavorare su questo”.

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