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EMERGENZA API

Gli apicoltori italiani all’Ue: mettere le api al centro dell’agricoltura nella nuova Pac 2020

Il presidente Unaapi Giuseppe Cefalo, a WineNews: “chiediamo all’agricoltura di produrre in modo molto più sostenibile, con le api come termometro”
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Gli apicoltori professionisti italiani in difesa delle api

“Chiediamo all’agricoltura un modo di produrre molto più sostenibile. Abbiamo inviato alla Commissione Europea un documento di integrazione alla nuova Pac 2020 che si chiama “Una Pac per gli impollinatori”, con l’obbiettivo di mettere gli impollinatori al centro della Politica Agricola comunitaria come vero termometro della sua efficacia, in un connubio in cui l’attività agricola produce nel rispetto di quella apistica. Speriamo che da questo documento si possa trarre spunto per le politiche nazionali e anche regionali”. Lo ha detto, a WineNews, il presidente degli apicoltori italiani professionisti dell’Unaapi, Giuseppe Cefalo, a Firenze, alla vigilia del Congresso dell’Apicoltura Professionale Italiana (con Aapi e Arpat, Grosseto, da domani al 2 febbraio), nel quale sarà illustrato ai rappresentanti del settore, del mondo delle istituzioni, dell’università e della ricerca.
Apicoltori che stanno pensando ad una grande campagna a sostegno del miele italiano, “perché negli ultimi anni nonostante le produzioni molto basse, c’è poca richiesta di prodotto, pochi scambi e a basso prezzo - aggiunge Cefalo - abbiamo fatto un’indagine sul mercato, le cause sono molteplici, ma fare un’azione di educazione alimentare nei confronti del consumatore italiano può aiutare. Il miele italiano è quello che ha la normativa più restrittiva dell’Ue grazie all’obbligo della denominazione di origine, un sistema di controlli rodato e rigido ed un’elevata capacità professionale degli apicoltori”.
Un settore, l’apicoltura professionale, che finisce troppo spesso nel dimenticatoio istituzionale, nonostante i segnali della crisi produttiva e di quella ambientale che arrivano dalle api, ma anche nonostante i suoi numeri: 60.000 apicoltori e 1.500.000 alveari censiti, il 50% stanziali, il 50% nomadi, per una produzione che vale 150 milioni di euro e con l’Italia che detiene il record di oltre 50 varietà di miele; il 66% degli apicoltori sono produttori in autoconsumo e detengono circa il 24% degli alveari, i restanti producono a fini commerciali; 1.800 (il 3% del totale) ha 150 o più alveari, ma detengono più o meno il 50% (750.000) del totale degli alveari censiti. Numeri ai quali si aggiunge il prezioso servizio di impollinazione che le api forniscono alle coltura agricole, che vale il 70% della nostra agricoltura, produzioni di punta comprese, e un valore stimato di 2 miliardi di euro. Ma scondo un report straordinario dell’Osservatorio Nazionale Miele, tra il clima impazzito, il mix tra gli effetti del cambiamento climatico e l’inquinamento ambientale dovuto a pratiche agricole scorrette, patologie delle api e aggressori dell’alveare, il 2019 ha visto ancora una volta crollare in Italia la produzione di miele, mediamente del 50% con punte del 70% in alcune regioni, e con previsioni che per il 2020 non sono buone. Una perdita produttiva che mette a rischio l’esistenza stessa di molte aziende, alle prese anche con la concorrenza sleale di mieli stranieri a basso prezzo ed adulterati.

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