Con un giro d’affari che nel 2019, tra imbottigliato fermo, bollicine e sfuso ha superato 1 miliardo di dollari a valore, il Belgio è a tutti gli effetti uno dei Paesi target più importanti per i grandi produttori. Con una via preferenziale, per ragioni storiche, culturali e geografiche, verso la Francia. Da dove, nei primi sei mesi del 2020, secondo i dati del report “Wine by Numbers”, sono arrivati 157 milioni di euro di vino, l’11,6% in meno sullo stesso periodo del 2019, con l’eccezione dello Champagne, in crescita del 9,3%, a quota 41,6 milioni di euro.
Se per la Francia il Belgio è il settimo mercato di esportazione, per l’Italia è il decimo, con un giro d’affari, nei primi 8 mesi dell’anno, che ha toccato i 61 milioni di euro (dati Istat), in crescita dai 48,3 dello stesso periodo del 2019. Una distanza ancora piuttosto sensibile, che si rispecchia, come emerge dall’analisi di Mibd Wine Analytics sui ristoranti di Bruxelles (città che ospita lo storico “Concour”), anche nelle carte dei vini di 150 locali della capitale belga, esclusivamente bianchi.
Così, in termini di penetrazione sul mercato dei diversi territori, sul podio ci sono i vini della Loira (nel 76% dei ristoranti), di Borgogna (nel 73% delle liste dei vini) e dell’Alsazia (nel 63% delle wine list). Primo territorio italiano, il Veneto, alla posizione n. 7, i cui vini bianchi si possono stappare - o meglio si potranno, una volta finito il lockdown - nel 25% dei ristoranti della capitale belga. Al decimo posto, i bianchi della Sicilia, nel 19% delle liste dei vini, mentre i bianchi del Piemonte (nel 17% delle wine list) e della Toscana (nel 15% dei locali), chiudono la classifica alla posizione n. 14 e n. 15.
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