Speranza, cambiamento, benessere: sono le parole d’ordine che guideranno gli italiani nel 2019, emerse dal sondaggio di fine anno Coop Nomisma e dalle previsioni sui consumi 2019 del “Rapporto Coop”, che raccontano però un Paese diviso, tra chi crede alla ripresa dell’economia e dei consumi e chi teme invece la recessione. Per quanto riguarda i consumi, cibo, viaggi e tecnologia rimangono sul podio, mentre si esaurisce il ciclo dell’auto e la casa rimane una pia intenzione di pochi. La tavola, così, riaffermerà la propria centralità, tanto che gli italiani sono convinti di spendere di più in tutte le voci dell’alimentare (pensano invece di investire meno nei capi di moda). Il 25% degli italiani è convinto che investirà di più nell’acquisto di prodotti a base di farina integrale, il 21% nei tradizionali e il 19% nei bio salutistici. In rallentamento invece i veg (il 45% degli italiani dichiara che o non lo consumerà affatto o ne ridurrà il consumo, solo l’11% in aumento), i senza glutine e lattosio (il 47% non li consumerà o li ridurrà, solo il 10% in aumento) e i senza sale (il 29% non lo consuma o lo diminuisce, solo il 13% in aumento). Un po’ a sorpresa si assiste al recupero almeno nelle intenzioni dei ristoranti di cucina tipica e della tradizione (in aumento per il 19% degli italiani e in diminuzione per il 10%) che surclassano i fast food (in aumento solo per il 10% degli italiani ma in diminuzione per il 21%), i ristoranti etnici (crescono per il 9% e diminuiscono per il 15%) e rallenta anche la crescita del food delivery.
In questo contesto il 2019 inizia denso di attese, ma anche di molte incognite. Decelerazione economica e contrazione dei salari reali da un lato provocheranno una variazione del Pil inferiore all’1% (0,6%), mentre il potere d’acquisto delle famiglie potrebbe beneficiare delle attese nuove misure (soprattutto il reddito di cittadinanza) mantenendo un tasso di crescita prossimo all’1% con un ritmo superiore al Pil. Su ritmi di poco inferiori la crescita dei consumi, comunque in calo rispetto agli andamenti 2015-2017 quando i tassi erano compresi fra l’1,5% e il 2%. Nemmeno le ultime festività del resto hanno fatto gridare al miracolo: contrariamente al Natale 2017 che fece chiudere l’anno con un boom (inatteso) di vendite, il mese di dicembre si mantiene sostanzialmente in linea con l’andamento piatto che ha caratterizzato le vendite della grande distribuzione nel corso del 2018 e che non si discosta da quel leggero incremento già registrato nella prima parte dell’anno (+0,4%), peraltro ottenuto solo grazie all’ulteriore crescita dei discount.
Ma gli italiani ci provano ad essere ottimisti, nonostante la promessa tradita di una ripresa nel 2018 gravi sulle prospettive dei prossimi 12 mesi. Per il 2019 la prima parola che scelgono è ancora una volta “speranza” (19%), anche se da sola non basta più: nel 2016 la sceglieva il 34%, il 33% nel 2017, il 21% nel 2018 e poi meno del 20% oggi. Una parabola discendente a cui fanno da contraltare parole di rottura come “cambiamento”, che passa dal 14% del 2016 al 16% del 2019, parole che sembrano scomparire dall’orizzonte degli italiani come “timore” (dal 14% del 2016 al 4% del 2019) o termini che rimandano alla ricerca di edonismo individuale come “benessere” (un salto di ben 10 punti percentuali, dal 2% del 2016 al 12% del 2019). Insomma, seppur sempre meno speranzosi gli italiani continuano a sentire forte il desiderio di miglioramento e di riscatto. A crederci di più gli under 35, che nel 16% dei casi prediligono tra le parole del 2019 la “novità”, contro il 4% degli over 55, e che vanno in cerca di “soddisfazione”, scelta dal 14% dei Millennials, contro il 4% dei Baby Boomers.
L’Italia rimane però un Paese polarizzato e diviso, dove se un 27% è convinto che nei prossimi 12 mesi l’economia nazionale accelererà, un 19% è invece certo che l’Italia entrerà in recessione. Gli anti-europeisti sono una minoranza, il 7% è convinto che l’Italia uscirà dall’Euro, ma anche gli euro-appassionati non sono molti: solo il 14% crede in un rafforzamento dell’Unione. Il vento dell’ottimismo sulla presa di velocità dell’economia soffia più al Sud e nelle Isole, che si contrappongono a un Nord più scettico. E proprio dalla situazione economica del Paese gli italiani non sanno bene se aspettarsi un 2019 in cui dover fare economia o in cui concedersi qualche soddisfazione in più. La grande maggioranza è convinta che dovrà pagare di più bollette e utenze interessate dai rincari e il discorso è lo stesso per carburante e altri costi di trasporto (31% mentre era 18% nel 2018), servizi sanitari e spese per la salute (24%, era 21% l’anno scorso). Ma almeno per viaggi e smartphone non si accettano rinunce: l’83% degli italiani dichiara di pensare di regalarsi un soggiorno o una visita da qualche parte (era l’84% nel 2018) e solo il 15% lo esclude (era il 14% nel 2018). Subito al secondo posto la tecnologia con lo smartphone (54% di favorevoli a questa spesa e un 30% che dichiara di non prevederla), i tablet e computer (ai quali pensano un 54% di italiani vs il 35% di chi dichiara di non prevederla), superati dai grandi elettrodomestici (54% vs 33%). Scartate nelle previsioni invece l’acquisto di una nuova casa (72% dei no contro il 22% dei sì), o dell’auto ibrida o elettrica (67% dei no vs 29% di sì) che vengono superate solo dalla chirurgia estetica (91% dei no contro l’8% dei sì).
Comunque, già anticipato dalla frenata della seconda metà del 2018, il 2019 si presenta come un anno incerto per l’economia italiana con elementi di fragilità che derivano sia dal contesto internazionale (un export non più così trainante) che dal quadro interno dove si vedranno le prime reazioni generate dalla nuova politica del nuovo governo. Decelerazione economica e contrazione dei salari reali da un lato provocheranno una variazione del Pil inferiore all’1% (0,6%), mentre il potere d’acquisto delle famiglie potrebbe beneficiare dalle attese nuove misure (soprattutto il reddito di cittadinanza) mantenendo un tasso di crescita prossimo all’1% con un ritmo superiore al Pil. Su ritmi di poco inferiori la crescita dei consumi, comunque in calo rispetto agli andamenti 2015-2017 quando i tassi erano compresi fra l’ 1,5% e il 2%. È d’altronde da considerare che sul 2019 potrebbe già gravare l’incognita 2020 quando, con lo scenario possibile di un ricorso alle clausole di salvaguardia (leggi Iva) per mantenere gli impegni presi con l’Ue, le famiglie potrebbero ulteriormente ridurre i consumi destinando i loro maggiori redditi a rimpinguare i risparmi.
Guardando nel dettaglio le singole voci dei consumi, l’anno che verrà sembra caratterizzarsi per un rallentamento nell’acquisto di beni durevoli (l’auto fino al 2018 ha assorbito buona parte dell’aumento della spesa degli italiani e giocoforza ora il ciclo si conclude) e un ritorno di alcuni consumi di base tra cui l’ alimentare. Complice in questo la nuova politica fiscale del governo che con la misura del reddito di cittadinanza sposta circa 6 miliardi di euro all’anno verso una platea di persone caratterizzata da una propensione elevata verso consumi basici. Ma stando alle previsioni non potranno che crescere per effetto dell’andamento demografico le spese per i servizi sanitari e la salute (per le quali il 24% degli italiani è convinto spenderà di più), effetto evergreen per la telefonia (il 53% degli italiani inserisce lo smartphone tra le spese da realizzare nel 2019) mentre viaggi e vacanze si confermano il vero mantra degli italiani (il 83% degli italiani ne ha messo in calendario almeno uno e il 2% è convinto che spenderà di più).
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