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FOOD & ECONOMIA

Il bar rimane una seconda casa per gli italiani ma nel 2017 sono 5.644 le attività a chiudere

A Torino la tavola rotonda “Il Bar di qualità: esperienze ed opinioni a confronto”. Per Fipe il giro di affari ammonta a 18 miliardi
BAR, Non Solo Vino
Colazione al Bar

Per molti il bar è una seconda casa, talvolta la prima. Dalla colazione al dopocena, parliamo di un modello tutto italiano di condividere amicizie e momenti della giornata sorseggiando, magari, un buon espresso, uno dei simboli del made in Italy nel mondo. “Il bar è tutto questo e molto di più, una vera e propria “istituzione” da Nord a Sud del Belpaese, e a Gourmet Expoforum abbiamo voluto sviluppare una riflessione di settore, mettendo al centro il tema della qualità”. Parola di Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) che è intervenuto alla tavola rotonda “Il Bar di qualità: esperienze ed opinioni a confronto” che si è tenuta a Torino. Un appuntamento che ha radunato tante “voci” del settore come Maria Luisa Coppa, presidente Ascom Confcommercio di Torino e Provincia; Palmira Cutrone, assessorato alle attività produttive di Regione Piemonte; Giuseppina De Santis, assessore alle attività produttive, energia, innovazione, ricerca di Regione Piemonte; Valentina Quattro, direttore Comunicazione Italia di TripAdvisor; Alessandro Cocco, coordinatore training center di Lavazza; Giovanni Garosci, imprenditore gruppo “EXKI”, Eggcom s.r.l e Valter Griffone, dell’Accademia Italiana Maestri del Caffè - Piemonte.
Ma i bar italiani sono in salute? Non tutto è rose e fiori. A spiegarlo ci pensano i numeri. Ad oggi sono 149.154 i bar in attività lungo lo Stivale che riescono a smuovere un volume di affari di 18 miliardi di euro. Le attività sono concentrate principalmente in alcune regioni: Lombardia (16,9%), Lazio (10,4%), Campania (9,6%), Veneto (8,4%) e Piemonte (7,2%). Eppure i dati mostrano anche una realtà dove, accanto a tanti nuovi baristi, ci sono aziende che abbassano definitivamente la saracinesca. Basti pensare che nel 2017, a fronte di 6.335 aperture, ben 11.979 hanno detto “basta”. Il saldo è negativo, con 5.644 bar chiusi nell’ultimo anno.
Per quanto riguarda la tipologia di esercizio, prevalgono i breakfast e morning bar (30%) - grazie all’immancabile accoppiata “cornetto e cappuccino” che rimane un evergreen - seguiti da bar generalisti (24%), lunch bar (17%), bar serali (16%) e bar multifunzione (14%).
Sul fronte occupazionale il bar italiano conferma il proprio fermento: i numeri Fipe sulla ricerca di personale nel 2017 parlano di 9.900 baristi.
Il settore mostra sempre più un andamento in “rosa”, con la componente femminile in prevalenza rispetto a quella maschile (il 58% di lavoratrici dipendenti contro il 42% di lavoratori dipendenti). L’espresso viene preparato prevalentemente da un barista italiano: il 79% dei dipendenti è infatti un cittadino del Belpaese, mentre quelli di nazionalità straniera si attestano sul 21%.
Per molti cittadini la giornata inizia al bar con la prima colazione. Secondo l’Ufficio Studi Fipe, 5,4 milioni di persone consumano qui tutti i giorni il primo pasto della giornata, con una spesa media di 2,40 euro. Più del triplo (1,3 milioni di persone), di quelli che scelgono il bar per la pausa pranzo dove la spesa media per un pasto è di 7,50 euro.
Il bere supera il mangiare nelle scelte dei consumatori. I prodotti maggiormente richiesti al bar sono infatti le bevande calde (36,6%), seguite da bevande alcoliche e aperitivi (13,3%), brioches (12,6%), i cosiddetti prodotti “d’impulso” come snack e gelati (10,8%), bevande analcoliche (10,4%), acqua minerale (8,8%) e infine panini o piatti (7,5%).
Per quanto riguarda invece i prezzi, un caffè al bar costa in media 1 euro, un cappuccino 1 euro e 30 centesimi mentre per un panino si arriva a pagare 3 euro e 10 centesimi.

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