A tre giorni dalle dichiarazioni del Ministro Galan, che rassicurava i produttori ed il Consorzio del Nobile di Montepulciano, torna a regnare l’incertezza sulle sorti future del vino poliziano. La mancanza di punti fermi ha spinto il Consorzio a prendere una decisione drastica, come quella di presentare ricorso al Tribunale europeo del Lussemburgo, contro il regolamento comunitario (il 401/2010) che potrebbe pregiudicare l’immagine del prodotto.
La mancanza di chiarezza nasce, prima di tutto, dall’esistenza in Italia di due Montepulciano, il vitigno abruzzese, da cui si produce il Montepulciano d’Abruzzo, e l’omonima cittadina toscana, dove nascono tre qualità di vino, il Nobile di Montepulciano, il Rosso di Montepulciano e il Vin Santo di Montepulciano, tutte iscritte nel registro comunitario delle Dop e Igp dei vini.
La polemica torna a trovare spazio, dopo che la Comunità Europea ha convalidato la deroga al Montepulciano d’Abruzzo in quanto vitigno, inserendolo in “Tabella A”, tra i vini cioè a maggior grado di tutela, rimuovendo nel frattempo la denominazione Nobile prevista dal punto 33 del regolamento precedente (n. 607/2009), che non trova invece spazio nella nuova disciplina (n. 401/2010), se non nella “Tabella B”.
Giungono nuovamente le rassicurazioni dal Ministero delle Politiche Agricole, per bocca del suo vertice, che ribadisce come le tre denominazioni “non sono assolutamente scomparse dalla protezione comunitaria, tant’è che risultano tutte iscritte nel registro comunitario delle Dop e Igp dei vini, come si evince anche dalla banca dati online della Commissione Europea “E-Bacchus””.
Il Presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, Federico Carletti, dopo aver precisato che quella del Nobile non è una battaglia contro l’Abruzzo, dice: “secondo noi, il modo di operare della Comunità Europea crea confusione, perché in una tabella si fa riferimento al Montepulciano inteso come vitigno e, nell’altra, si fa riferimento alla Denominazione di Origine Controllata Garantita Montepulciano, un errore di per sé non grave”.
Le preoccupazioni maggiori, adesso, non riguardano più la regolamentazione, quanto piuttosto la revisione delle 580 denominazioni italiane in agenda per l’anno prossimo, improntata alla semplificazione e quindi alla possibile scomparsa di determinate specificità.
Problemi, quindi, che potrebbero riguardare anche altri, ma per i quali c’è ancora da lavorare in Commissione Europea, dove l’Italia farà sentire il proprio peso nei prossimi mesi.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024