Messo alle strette dai colpi incalzanti di un’economia votata all’austerità, il mondo del vino fatica a trovare una via d’uscita, un guizzo che gli consenta, se non di tornare all’età dell’oro, perlomeno di ritrovare il sorriso. Inutile enumerare per l’ennesima volta le cause di tale scivolata, così come ci pare riduttivo puntare l’indice esclusivamente sul problema prezzi. Ciò che conta, oggi, è ritrovare la fiducia e con la caparbietà del sano imprenditorialismo affrontare il mercato, magari con idee nuove o comunque datate ma mai concretizzate.
Ecco quindi dieci spunti di riflessione sui quali si potrebbe lavorare già da subito.
Prezzi - I prezzi del vino italiano sono troppo alti? Ebbene, anche se così fosse non ci sembra la scelta più saggia quella di ridimensionarli drasticamente. Certo, è necessario contenere i costi di produzione, quindi riuscire a congelare i prezzi, ma tagli del 30 e più per cento, come sta avvenendo in Francia per certi prodotti dal nobile passato, ci sembrano poco seri, soprattutto nei confronti del consumatore.
Promozione - Mai come oggi (eccetto il cupo periodo post metanolo) si avverte la necessità di una seria ed efficace azione promozionale del vino italiano, che trasmetta in modo chiaro la ricchezza del nostro patrimonio enoico. Storia, tradizioni, territorio sono un valore aggiunto che riesce a giustificare anche certi prezzi. Istituto per il commercio estero, Enoteca d’Italia, Enoteca italiana possono fare molto, ma forse è il caso di rispolverare la proposta, nata all’interno dell’Unione Italiana Vini anni or sono, di un’autotassazione da parte dei nostri vinicoli per sposare, insieme, una politica di rilancio del vino italiano.
Comunicazione - Tra i tanti temi caldi, uno certamente merita la massima attenzione: vino e salute. Il nostro settore non può più lamentarsi dello scarso interesse per la bevanda di Bacco da parte della ricerca scientifica. Gli studi sono innumerevoli e i risultati spesso a favore del vino in modo eclatante. Su un tema tanto strategico non può essere sufficiente organizzare sporadici convegni tra addetti ai lavori (medici amici del vino e giornalisti di settore). L’imprenditoria vinicola non deve mancare questa straordinaria occasione. È necessario creare un grande evento internazionale in uno dei più prestigiosi territori vitati italiani e al tempo stesso attivarsi per sensibilizzare (e forse educare) la classe medica, quella dei medici di base soprattutto, a contatto con milioni di pazienti-consumatori.
Mercati - Troppe aziende italiane hanno snobbato il mercato nazionale, rivolgendo le loro attenzioni a pochi mercati, interessanti fino a ieri ma oggi in forte difficoltà. Si è persa così la possibilità di affermare una chiara politica commerciale nel nostro Paese e forse anche quella di diffondere una maggiore cultura enoica. Comunque sia, oggi c’è già qualche azienda che sta facendo scelte importanti sul mercato nazionale e certamente i messaggi chiari saranno premiati. Sul fronte estero, bisogna ricollegarsi al punto della promozione: è necessario riconquistare il terreno perduto sui mercati tradizionali (e non solo attraverso una politica dei prezzi), ma soprattutto esplorarne di nuovi.
Ricarichi - L’imprenditore vinicolo ci mette sudore, passione, rischio d’impresa... Altri ci mettono molto meno e vogliono ottenere sempre e comunque il massimo. È giunto il momento di darsi una regolata, i ricarichi applicati da certi ristoratori sono assolutamente ingiustificati e portano al suicidio, non solo del ristoratore, purtroppo, ma anche del prodotto vino. Forse i produttori, attraverso i propri venditori, dovrebbero incominciare a vigilare sulla politica dei prezzi dei titolari di alcuni locali. Un prezzo troppo gonfiato è comunque una cattiva pubblicità per quel tipo di vino, quindi a farne le spese alla fine è il produttore.
Politica nazionale - La revisione della Legge 164 procede a buon ritmo; senza entrare nel dettaglio dei singoli articoli, categorie e responsabili politici dovranno trovare la giusta formula che garantisca da una parte la massima trasparenza del prodotto verso i consumatori; dall’altra evitare una inutile quanto dannosa gabbia di vincoli e regole che nulla hanno a che fare con il libero mercato e la qualità. L’imprenditore dev’essere libero di fare le proprie scelte poiché è lui ad assumersi tutti i relativi rischi. Un’etichettatura di facile e completa lettura per il consumatore e meno burocrazia in cantina.
Politica internazionale - È proprio su questo fronte che si dovranno concentrare l’impegno e le energie del nostro Paese in una rete di alleanze con gli altri Paesi della Comunità europea per smontare pezzo per pezzo tutti i privilegi di cui godono i Paesi del Nuovo mondo. Non si tratta solo dell’uso improprio di certe denominazioni o di prodotti enologici vietati nella Ue, ma di una ben più ampia e difficile battaglia che riguarda le superfici vitate. Quote con il contagocce per noi europei e libertà d’impianto per i concorrenti d’Oltreoceano. Difficile essere competitivi nell’era della globalizzazione quando le regole non sono uguali per tutti.
Statistiche - È un annoso problema quello della scarsità di dati e numeri del settore e senza un preciso quadro di riferimento diventa difficile qualsiasi strategia. Eppure in Italia c’è un ente che lavora bene, con grande competenza: l’Ismea. Questo istituto ha certamente il quadro statistico più completo della nostra vitivinicoltura, ma il problema resta come comunicarlo al settore produttivo. L’Ice, da parte sua, ha tutte le carte in regola per poter realizzare delle analisi di mercato dei Paesi esteri, soprattutto dei tanti di cui si sa ancora poco o nulla. Infine, le Camere di commercio hanno non poche difficoltà nell’aggiornare i dati delle denominazioni d’origine di loro competenza. La Federdoc fa il possibile per raccogliere e diffonderne i dati, ma questi risultano spesso incompleti. È chiaro che le Camere di Commercio devono essere messe in condizione di fornire i dati in tempi ragionevoli. I vantaggi sarebbero evidenti per tutto il settore.
Interventi - Gli imprenditori sono consapevoli di doversi tirare fuori dai guai con le proprie forze, ma qualche lieve correzione dell’attuale sistema fiscale sarebbe quanto mai opportuna. Del resto non si capisce perché il vino debba sopportare un’Iva del 20% rispetto a imposizioni ben più lievi per prodotti sempre della nostra tradizione alimentare, della nostra tanto elogiata dieta mediterranea. Su questo argomento il mondo del vino faccia sentire la propria voce all’unisono. L’attuale governo continua a sbandierare la politica dei tagli fiscali; un’occasione quindi per dimostrarsi coerenti a un costo decisamente contenuto.
Territori e cultura - Il vino non è soltanto business e anche in una situazione difficile come quella attuale si deve continuare ad alimentare i suoi tanti valori aggiunti. Premi, feste, degustazioni e qualsiasi altra occasione che trasmetta tutta la ricchezza di questo splendido prodotto devono continuare a irrorare la nostra Enotria. Il settore ha bisogno di imprenditori coraggiosi ed enti capaci in grado di promuovere iniziative dalle diverse sfaccettature, iniziative che devono essere comunque incoraggiate perché senza questo fertile substrato il vino rischia lo svilimento.
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