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IL MONDO DEL VINO DI QUALITA’ CONTINUA A PREFERIRE LA DISTRIBUZIONE CLASSICA: ENOTECHE, RISTORANTI, WINEBAR RESTANO IN TESTA NELLE PREFERENZE DEI VIGNAIOLI D’ITALIA

Il “core business” delle aziende vitivinicole di qualità italiane resta saldamente ancorato alla distribuzione in senso classico: dal Trentino alla Sicilia, enoteche, ristoranti e wine-bar si confermano il canale privilegiato per le migliori etichette “tricolori”. La tendenza emerge da una mini-inchiesta realizzata a Vinitaly da WineNews.

“Nello sviluppo e segmentazione dei mercati c’è spazio per tutti - dichiara Marco Caprai, il viticoltore umbro che ha segnato la rinascita del Sagrantino nel mondo - sul fronte della distribuzione ci sono molte aspettative, che temo non saranno completamente soddisfatte a causa della debolezza di molte aziende italiane che sono ancora troppo piccole per interfacciarsi con le complesse dinamiche della grande distribuzione. Per le piccole aziende il rischio è che la grande distribuzione sia antieconomica, ma è altrettanto vero che i trader tradizionali saranno chiamati a nuove scelte insieme a tutto il mondo del vino. Certo il rapporto con la gdo sta migliorando e diventando sempre più forte. Oggi - continua Caprai - non si può certo stare solo da una parte o dall’altra. Sono segmenti diversi e produttori devono saper sviluppare la loro politica commerciale in equilibrio senza seguire le mode”.

Dello stesso avviso Enrico Chiavacci, direttore vendite Italia della Marchesi Antinori, che sottolinea come: “il canale di distribuzione delle enoteche, winebar e ristoranti è molto più frammentato di quello della Gdo ma per la Marchesi Antinori entrambi i canali rivestono una posizione importante nelle strategie commerciali del marchio. Comunque, sia storicamente sia per il livello dei vini del gruppo Antinori, il canale tradizionale (horeca) resta quello più importante. Nel 2004, per la particolare situazione del mercato e per il momento di grande selezione operata sulla base dei prezzi, abbiamo privilegiato la gdo, ma nel 2005 - conclude Chiavacci - stiamo ritornando a concentrare i nostri sforzi soprattutto sul canale tradizionale”.

Enrico Viglierchio, direttore generale della Castello Banfi, la più importante realtà produttiva di Montalcino, fa subito un distinguo tra grande la distribuzione italiana e quella straniera, che “in certi casi ha al suo interno dei corner per il vino più prestigiosi delle stesse enoteche. Detto questo mi sento di confermare il trend che vede la gdo fare passi avanti anche sui vini più importanti ma che conferma “ristoranti & C.” come strategico. Tendenza che credo sarà valida anche per i prossimi anni, specie in virtù dello stretto rapporto tra i professionisti della vendita (sommelier, ristoratori, enotecari) e i clienti”.

Segue il commento di Mattia Vezzola, direttore di Bellavista, una delle griffes migliori di Franciacorta, secondo cui: “la frammentazione che caratterizza le aziende italiane, con i relativi problemi di affidabilità e costanza qualitativa, non favorisce lo sviluppo delle vendite nella gdo. E poi mi pare che, se per le griffe più importanti il canale ristoranti, wine bar, enoteche rappresenta quello privilegiato, la gdo è, invece, una sorta di servizio di facilitazione per il cliente. Per chi ha tanti numeri, invece, il discorso può essere inverso: grande distribuzione rappresenta la principale fonte di fatturato e mentre l’horeca è lo strumento preferito per elevare il livello d’immagine e il prestigio dei vini”.

“Il rapporto qualità prezzo resta fondamentale - sottolinea Fausto Peratoner, direttore generale della Cantina La Vis, una delle realtà cooperative più grandi d’Italia - ma il mercato chiede anche un’attenta capacità nella gestione dei progetti imprenditoriali. La capacità di distribuire sta diventando sempre più un valore che si affianca al rapporto qualità prezzo. Anche i libri si vendono al supermercato, ma si continuare a preferire la libreria. Oggi come produttori non possiamo disconoscere il consumatore e le sue esigenze. Enoteche, wine bar e ristoranti rimangono i luoghi deputati al vino, capaci di offrire un plus in termini di servizi, cultura e assistenza al consumatore. Ma nessuno può permettersi di snobbare l’uno o l’altro canale. Come distributori e produttori è importante partire dai luoghi tradizionali per trovare poi politiche diverse che non sovrappongono i canali”.

Dalla Sicilia il commento di Alessio Planeta della Planeta, una delle aziende che ha segnato il rilancio della Sicilia del vino nel mondo: “la grande distribuzione italiana non è ancora completamente matura per ospitare il vino di qualità. Anche se c’è in atto un ripensamento di tutti i soggetti che operano nel settore vino, dal produttore al consumatore, e certi equilibri possono anche cambiare, mi pare che ad oggi siano i canali classici di vendita ad avere la meglio. Si pensi all’importanza dell’assistenza alla vendita e al contatto umano che può garantire, ad esempio, l’enoteca”.

Michele Bernetti, patron dell’azienda marchigiana Umani Ronchi, spiega: “il canale tradizionale resta il nostro punto di riferimento, ma in futuro non escludiamo l’approccio verso la distribuzione organizzata. Lo scaffale è ancora troppo statico e privo di un’assistenza. Anche il canale tradizionale sta cambiando e si sta facendo anche molta formazione sul personale del vino nella gdo e questo è certamente importante”.

Alberto Chiarlo, responsabile del marketing dell’azienda Michele Chiarlo, commenta che “la nostra azienda ha sempre praticato esclusivamente il canale delle enoteche-winebar-ristoranti e vogliamo continuare così. Il nostro obiettivo è quello di cogliere la diversificazione in atto nell’horeca, che propone sempre più punti vendita per il vino. Produciamo 1 milione di bottiglie e il canale delle enoteche-winebar-ristoranti è quello “naturale” per i nostri vini, anche rispetto al loro alto profilo qualitativo, il discorso sarebbe diverso se ne producessimo cinque milioni … Per vendere Barolo o Barbaresco - conclude Chiarlo - è necessario spiegare un territorio e questo canale ci tutela meglio da questo punto di vista”.

“Il nostro gruppo - spiega Guido Sodano, direttore generale di SaiAgricola (i marchi sono: Fattoria del Cerro, Poderina, Colpetrone) - opera al 98% con l’horeca e per un 2% con la gdo. E’ una scelta che abbiamo fatto fin dall’inizio e con cui abbiamo costruito ed affermato il nostro marchio: è chiaro che le cose possono cambiare - continua Sodano - ma adesso la SaiAgricola è pronta anche ad affrontare più massicciamente la gdo, che sta diventando sempre più importante”.

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