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CULTURA

Il Muvit, il Museo del vino più importante d’Italia, a Torgiano, lo racconta come “dono degli dèi”

In mostra in anteprima, con la Fondazione Lungarotti (che ha contribuito al restauro), i “tesori” della Tomba 58 della Necropoli dell’Osteria di Vulci

Da un calderone con i resti di un grappolo d’uva, le cui analisi di laboratorio lasciano ipotizzare che il vitigno fosse un “antenato” del Sangiovese, confermando il profondo radicamento in Italia centrale di questa varietà, ad un’anfora contenente tracce di vino e che desta particolare attenzione per l’iscrizione “io (sono) di Velχa Felusna”, una sorta di primordiale “etichetta” che indica la proprietà della cantina o comunque di quella partita di vino. Sono solo alcuni dei “tesori” inediti tra i 60 reperti archeologici provenienti dalla Tomba 58 della Necropoli dell’Osteria a Vulci in mostra in anteprima assoluta, e, dunque, visibili per la prima volta al pubblico, al Muvit, il Museo del Vino della Fondazione Lungarotti a Torgiano, il più importante d’Italia (il cui progetto pionieristico, WineNews, ha raccontato in un video), che, tra i capolavori della sua collezione - oltre 3.000 opere che raccontano 5.000 anni di storia - espone il vasto e prezioso corredo che racconta il rituale del banchetto funebre etrusco e il ruolo fondamentale del vino nelle libagioni e nei sacrifici in offerta agli dèi, oltre che di viatico per l’aldilà, simbolo di continuità tra i vivi e i morti e medium tra le due dimensioni (da oggi al 5 luglio 2026).
“Siamo orgogliosi di aver contribuito al restauro e alla valorizzazione di questi importanti reperti archeologici rinvenuti a Vulci - sottolinea Teresa Severini, alla guida della Fondazione Lungarotti - ma soprattutto siamo felici di esporli in anteprima assoluta al Museo del Vino. Si tratta di manufatti naturalmente legati all’anima del Museo che propongono ulteriori approfondimenti sulla civiltà etrusca, il vino e il simposio. Un ringraziamento corale a chi ha permesso la realizzazione di questo rilevante progetto”. La mostra è realizzata nel progetto “TraMusei” della Fondazione, che identifica una rete di collaborazione e sinergia tra diverse strutture museali, con il contributo della Direzione Generale Biblioteche e Istituti Culturali del Ministero della cultura. “Dopo il caso della Tomba delle Mani d’Argento - spiega Simona Carosi della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale - grazie alla Fondazione Lungarotti, riproponiamo la filiera che dalla scoperta archeologica giunge alla ricerca, alle analisi, alla valorizzazione del nostro patrimonio, in una collaborazione attiva tra pubblico e privato, tra passato e presente”.
La scoperta della Tomba 58 è avvenuta nel corso della campagna di scavo della Fondazione Vulci a cura della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale. L’apertura del sepolcro, nell’ottobre 2023, ha portato alla luce un patrimonio inviolato da oltre 2600 anni costituito da anfore, olle e pithoi ad impasto, vasellame in bucchero e in ceramica etrusco-corinzia, coppe, oggetti in ferro, oltre a manufatti in bronzo. La Tomba, maschile, è databile alla fine del VII secolo a.C. ed è indicativa di un elevato ceto sociale, offrendo ulteriori informazioni storiche sull’aristocrazia etrusca e sul significato attribuito al simposio quale affermazione di status e potere anche nella vita ultraterrena. La centralità del vino nei simposi tra élite in Etruria, dove a differenza della Grecia le donne partecipavano, è testimoniata dai dipinti rinvenuti sulle pareti delle sepolture che, unitamente ai raffinati corredi funebri, diventano importanti mezzi conoscitivi. Dono degli dèi, il vino unisce mondi, civiltà, miti, culture mantenendo il suo carattere divino.

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