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Il senso di Slow Food per l’educazione nelle parole a WineNews del fondatore Carlo Petrini: “nel made in Italy, nelle scuole, nelle Comunità del cibo, all’Expo bisogna ridare valore al cibo. Non possiamo promuoverci senza conoscere la nostra cultura”

Non Solo Vino
Il fondatore Slow Food, in un selfie, con il direttore Winenews, Alessandro Regoli

C’è un po’ di made in Italy in ogni angolo del mondo, e ci sono persone che, da ogni angolo del mondo, vengono in Italia e con le loro idee ed il loro lavoro fanno prosperare il made in Italy. Nell’uno e nell’altro caso, però, “non si può pensare di andare nel mondo a promuovere il made in Italy se non si capiscono fino in fondo la storia del nostro Paese, la cultura, l’arte, i paesaggi, la nostra umanità”. Se si ha con sé questo bagaglio, “allora si può vendere il vino. E il vino prende un altro sapore”, per esempio. È il pensiero di chi dell’educazione ne ha fatto la bandiera, a partire dal cibo e da chi lo produce, per poi abbracciare molti aspetti della vita di chi lo mangia. Carlo Petrini, il fondatore e presidente internazionale di Slow Food, che a WineNews, ricorda come senza la conoscenza non si va molto lontano e non si stanca di ripetere che l’Italia e la sua cucina sono figlie del meticciato, che la pasta è nata in Oriente e il pomodoro nelle Americhe.
“Purtroppo - dice Petrini - negli ultimi 50 anni con la perdita della società contadina, che è diventata società industriale ed oggi post industriale, la trasmissione del sapere si è ridotta. Dobbiamo ricostruire questo cordone ombelicale. E l’unica che può farlo è la scuola: nella scuola italiana deve entrare l’educazione alimentare”. Un’esigenza sempre più sentita, come diciamo da tempo (Slow Food è pioniera nella sua diffusione a scuola, ndr), perché i bambini sono i consumatori, ma anche i produttori, i commercianti, i promotori, del futuro dell’agricoltura. La mancanza di cultura e di coscienza, per la quale, forse, siamo disposti a spendere tanto per le tipicità, e puntare il dito sul caro-cibo, fanno dimenticare che “il cibo è parte della nostra fisicità - ricorda Carlo Petrini - non è carburante. Il cibo cambia anche il nostro modo di pensare. Bisogna che il cibo non sia merce o commodity, ma un soggetto di valore, occorre ridare valore al cibo”. Leitmotiv al centro del “Salone del Gusto e Terra Madre”, che si chiude oggi a Torino. Dove Slow Food e il suo fondatore, fuori dai microfoni di WineNews, hanno parlato di ridare valore al cibo, attraverso l’agricoltura familiare, vera paladina della biodiversità, che se non fa mercato ma è più sussistenza, come pensano i più, va invece aiutata a creare leadership locali facendo nascere delle filiere agricole nei luoghi più difficili, magari dove le persone hanno più problemi con il cibo e la biodiversità può essere una via. Per questo “c’è bisogno di organizzazioni come la vostra che favoriscono la coltivazione e la custodia del creato” ha scritto Papa Francesco a Petrini.
Le Comunità del Cibo sono arrivate da tutto il mondo per dire che per loro fare un orto, a partire dall’Africa, è un atto politico, la mission del momento di Slow Food, contro il land grabbing, la malnutrizione, per promuovere la biodiversità, l’educazione e difendere la sovranità alimentare delle popolazioni. Per molte delle quali la terra, sembra incredibile, ma rappresenta il futuro. E l’orto, mettere le mani nella terra, è la prima cosa che si insegna ai bambini quando si fa educazione alimentare, in tutto il mondo, dalla Casa Bianca con Michelle Obama ad Alice Waters, ideatrice degli “Edible Schoolyards” in Usa, allo chef-attivista Jamie Oliver che ha cambiato modo di mangiare nelle scuole britanniche. Quella terra che, ha detto Petrini, “ci stiamo letteralmente mangiando”, divorata, in una parte del mondo, dal cemento, mentre nell’altra le super potenze mondiali fanno a gara per accaparrarsela e garantirsi il controllo sull’accesso al cibo.
Ridare valore al cibo, per Slow Food, vuol dire anche guardare all’Expo2015 di Milano “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”, come l’occasione per mettere intorno ad un tavolo quelle potenze a discutere di biodiversità, per ridare dignità al lavoro dei contadini e promuovere lo scambio di saperi agricoli tra i popoli. una straordinaria occasione per una ritrovata consapevolezza della Terra che ci nutre. Un’Expo in cerca di un messaggio da lanciare al mondo, che, molte importanti personalità dal Salone, hanno provato a suggerire: una ritrovata consapevolezza della Terra che ci nutre, hanno detto, insieme Carlo Petrini, Don Ciotti, l’anima di Libera, e il regista Ermanno Olmi; la sostenibilità alimentare, contro lo spreco di cibo e la speculazione finanziaria, e la lotta all’obesità il Bcfn-Barilla Center for Food & Nutrition; la biodiversità dell’enogastronomia, dei paesaggi, umana e dell’arte per il patron di Eataly Oscar Farinetti; portare la grande questione alimentare globale fuori dai confini degli addetti ai lavori il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina. E molti altri. Senza dimenticare che, per conoscerla, la biodiversità del cibo bisogna anche toccarla con mano ed assaggiarla.

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