Che per gli investimenti in vino il 2023 sia stato un anno difficile, dopo tanti anni di crescita, lo abbiamo raccontato spesso. Ed ora lo certifica anche l’edizione 2024 del “The Wealth Report” dell’agenzia immobiliare Knight Frank che, tra le tante altre cose, monitora anche l’andamento dei fine wines, con il suo Knight Frank Fine Wine Icons Index (KFFWII) che, nel 2023, ha segnato un modesto +1%. Tuttavia, il vino (che è cresciuto, comunque, del 146% negli ultimi 10 anni, secondo solo alle più rare e preziose bottiglie di whisky, a +280% in una decade), è tra i pochi settori monitorati in crescita nel 2023, dietro ad arte (+11%), gioielli (+8%), orologi (+5%), monete (+4%) e diamanti (+2%), mentre sono in negativo mobili di design (-2%), borse e accessori (-4%), automobili (-6%) e gli stessi whisky (-9%).
Eppure, emergono alcuni trend curiosi. Intanto, sottolinea Ted Mansel Lewies, “Head of Viticulture” per Knight Frank, emerge come le terre adatte alla vigna, in Inghilterra, per la produzione di spumanti che crescono in qualità e sui mercati, abbiano visto raddoppiare il loro valore, da 11.000 a 20.000 sterline ad acro (ovvero sulle 48.000 sterline ad ettaro, ndr), anche grazie agli investimenti fatti in questo lasso di tempo da griffe di Champagne come Taittinger e Pommery, sia per anticipare il cambiamento climatico che sta favorendo le produzione a latitudini più a nord, che per questioni economiche, visto che un acro in Champagne parte da 400.000 euro (poco meno di un 1 milione di euro ad ettaro), e che, con ogni probabilità, il valore dei vigneti d’Inghilterra è destinato a salire ancora.
Altro aspetto curioso, sono le differenze geografiche sulla propensione agli investimenti in fine wine: se, infatti, il vino come investimento sta diventando popolare tra i collezionisti, tante che il 35% a livello globale lo segnalano come uno dei segmenti più gettonati (meglio fanno solo arte, 48%, orologi, 42%, auto d’epoca, 38%), l’area dell’Australasia è quella che guarda con più interesse agli investimenti in vino, con una percentuale del 45%, davanti all’Europa (39%), all’Asia continentale (38%), all’Est Europa (36%). I meno attratti dall’investire in vino, invece, sono i collezionisti d’Africa (32%), Nord America (30%) e America Latina (26%).
Curiosità che emergono intorno al fenomeno del vino da investimento, che, negli ultimi anni, ha vissuto un boom senza precedenti ma che, come abbiamo spesso sottolineato, resta una nicchia, un segmento complementare nel mondo del collezionismo, dove immobiliare e arte la fanno da padrone. E che, come tutti gli altri settori del collezionismo, richiede conoscenze approfondite ed expertise specifiche, senza improvvisazione.
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