Essere competitivi, essere innovativi, creare valore: non solo attraverso l’efficienza della produzione, ma anche con l’impegno sociale, il rispetto etico, la salvaguardia dell’ambiente e l’attenzione per il territorio. E’ un po’ questo il senso delle scelte strategiche compiute sempre più spesso dalle aziende vitivinicole, rilevate da www.winenews.it, che, con capacità tutta imprenditoriale, traducono discussioni e dibattiti, spesso teorici o peggio ideologici, in realizzazioni effettive. Ecco, allora, un crescente flusso di investimenti andare a confluire in progetti reali e concreti, modellando le filosofie aziendali a “misura d’uomo”. Così dal Nord a Sud della Penisola, solo per fare alcuni esempi, che potranno essere discussi a Vinitaly (Verona, 29 marzo-2 aprile 2007), la più importante fiera internazionale di settore, “spuntano” nei tetti o nei piazzali delle cantine, moderni impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica pulita e sistemi di fitodepurazione naturale per il trattamento dei reflui delle aziende.
Nei diagrammi di produzione delle imprese vitivinicole non vengono più e soltanto definiti i processi viticolturali ed enologici, ma sempre più spesso anche le condizioni di lavoro del personale, i quantitativi di anidride carbonica, ossidi di azoto e zolfo emessi in atmosfera; i kWh di energia elettrica, i metri cubi di metano, i litri di gasolio consumati; i kg di rifiuti conferiti in discarica, inceneriti e riciclati; i kg di agrofarmaci e fertilizzanti utilizzati, con l’obbiettivo di mettere a disposizione del consumatore un vino non solo buono, ma anche “giusto” e “pulito”, con “prestazioni” sociali e ambientali misurate, verificabili e confrontabili per una scelta consapevole. Si tratta in sostanza della comparsa anche nelle imprese del vino italiane della responsabilità sociale d’impresa (o Corporate Social Responsability) cioè dell’integrazione di preoccupazioni di natura etica nella visione strategica d’impresa: una manifestazione della volontà, non solo prerogativa per le grandi imprese, ma anche per le medie e le piccole, di gestire efficacemente le problematiche d’impatto sociale ed etico al loro interno e nelle zone di attività.
Si tratta di un concetto innovativo attraverso cui l’azienda risponde alle attese economiche, ambientali, sociali di tutti i portatori di interesse (i cosiddetti “stakeholders” cioè, per esempio, dipendenti, clienti, fornitori, le comunità locali …), cogliendo l’obiettivo di conseguire un vantaggio competitivo e una massimizzazione dei ritorni di lungo periodo. Un vino, infatti, non risulta unicamente apprezzato per le sue caratteristiche organolettiche; il suo valore è stimato anche, e in qualche caso soprattutto, per le sue qualità non materiali, quali l’immagine, la storia del prodotto stesso … . La consapevolezza, dei produttori e dei consumatori, su questi aspetti, è acclarata: l’impegno etico di un’impresa è ormai entrato direttamente nella cosiddetta catena del valore prospettando così l’utilizzo di nuovi percorsi e leve competitive coerenti con uno sviluppo sostenibile per una collettività sempre più attenta all’operato imprenditoriale.
Il comportamento più o meno etico di un’impresa, se fondato su astratte dichiarazioni di principi e valori, non è sufficiente: necessita ormai un impegno quotidiano e credibile, frutto di una precisa politica manageriale e di un sistema aziendale organizzato a tal fine. Un modo di intraprendere spesso (soprattutto oggi di fronte ad un contesto economico, sociale e culturale mondializzato) percepito come una “moda”, a cui molte aziende si rifanno per ottenere esclusivamente un tornaconto in termini di profitto.
Ma a ben guardare le imprese vitivinicole non possono essere accusate di sfruttare solo un’opportunità. L’azienda vitivinicola, infatti, contrariamente a molte delle moderne imprese globalizzate e de-localizzate (cioè non legate ad uno specifico contesto territoriale e sociale), ha un agire fortemente localizzato nel senso che permane quella tradizionale corrispondenza, tipicamente fordista, fra “fabbrica” e “territorio”: tra contestuale creazione di profitto e di benessere, diffuso per una comunità specifica. Il proprio operato, dunque, può fondarsi solidamente sui principi della responsabilità sociale d’impresa, coniugando la crescita economica alla crescita socio-culturale della comunità. Per un’azienda vitivinicola, il forte legame sociale e culturale con la propria comunità di riferimento e con il proprio territorio, diventa, paradossalmente, la base per “l’agire globale” in tutto il mondo. E, soprattutto in un mondo che tende sempre più verso l’artificiale, il valore di scambio dell’autenticità (cioè di un territorio, dei suoi prodotti e della sua cultura) cresce diametralmente in modo esponenziale: per dirla con una frase, l’azienda vitivinicola che adotta i principi della responsabilità sociale d’impresa pensa e agisce sia localmente che globalmente cioè “glocalmente”.
Un’alleanza, dunque, in cui le imprese, superando i propri confini “storici” e operando con responsabilità per lo sviluppo eco-compatibile e culturale, e la società perseguono un modello di sviluppo fondato sul concetto di “territorio”, visto come sistema integrato di più soggetti che condividono una prospettiva di sviluppo comune, capace di non rinunciare alla propria identità ma di aprirsi all’innovazione: dalla produzione, all’organizzazione.
Franco Pallini
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