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L’Unione Economica Eurasiatica (Russia, Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan) è pronta ad una normativa unica che guarda alla liberalizzazione di produzione e commercio enoico. Ballotta (Business Strategies): “Russia mercato strategico”

Creazione di una chiave unica di accesso al mercato del vino di 5 Paesi e 180 milioni di persone, semplificazione del commercio di bevande alcoliche in entrata e in uscita dall’Eurasia, unificazione dei sistemi di etichettatura per le merci in entrata nei Paesi dell’Unione, e relativo abbattimento dei costi di allestimento e packaging del prodotto. Ecco i capisaldi del “Codice unico del vino nei mercati eurasiatici”, il convegno di Business Strategies di scena oggi a Vinitaly (a Verona fino al 13 aprile, www.vinitaly.com) per mettere a fuoco prospettive e opportunità per l’export del vino italiano nell’Unione Economica Eurasiatica, l’unione doganale tra Russia, Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan, con il vice ministro del Ministero delle Politiche Agricole, Andrea Olivero, il dg per la politica commerciale internazionale del Ministero dello Sviluppo Economico, Amedeo Teti, il dg Ismea, Raffaele Borriello, il presidente Federvini, Sandro Boscaini, il dg di Veronafiere, Giovanni Mantovani e la ceo di Business Strategies, Silvana Ballotta.

A un anno dalla sua entrata in vigore, l’Unione Economica Eurasiatica è pronta ad emanare i nuovi codici che dovranno uniformare la produzione e la circolazione dei prodotti alcolici, aggiornando e razionalizzando le leggi esistenti nei suoi cinque Paesi (Russia, Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan). Il regolamento riguarda da vicino, ed in modo finalmente positivo, anche i vini italiani, puntando ad elevare e standardizzare la sicurezza ed a facilitare gli scambi, uniformando un sistema di accise complicato e difforme. “La Comunità Euroasiatica - spiega a WineNews Silvana Ballotta, ceo di Business Strategies, società fiorentina che cura l’internazionalizzazione di 500 imprese del settore - si è posta come obiettivo quello di darsi un codice unico che, all’interno dei cinque Paesi, possa mettere ordine in quello che è il mondo del mercato alcolico, ed in particolare del vino, in modo tale da uniformare il mercato, liberalizzare le accise, renderle conformi in tutti gli Stati, trovare un sistema di etichettatura a salvaguardia del consumatore, dare dei messaggi chiari, quindi, sui contenuti del vino, dal grado alcolico all’origine e, cosa altrettanto importante, liberalizzare la libertà di importare, quindi un’apertura verso nuovi importatori ed anche uno scardinamento rispetto all’attuale sistema, per cui non ci sarà più l’oligarchia di alcuni importatori riconosciuti dal sistema ma un passaggio diretto dalla produzione alla grande distribuzione. Un passaggio che, su alcuni fronti, trova ovviamente degli ostacoli, ma il Codice unico del vino servirà proprio a normare tutto questo”.

Una rivoluzione vera e propria, su un mercato non ancora così libero, fatto da “180 milioni di persone, che presuppone una potenzialità - continua Silvana Ballotaa - che siamo noi a dover capire quanto sarà grande, ed in cui le nostre capacità di promuoverci saranno fondamentali”. Si parla soprattutto di mercato russo, ma tutti i Paesi satellite dell’ex Urss, che conosciamo ben poco, rappresentano comunque una risorsa importante, trattandosi di economie in crescita, “con la Bielorussia generalmente considerata il Paese di ponte tra Europa e Russia, mentre il Kazakhstan è il Paese di ponte con la Cina. Pensiamo a quanto sarà importante mandare i vini direttamente in Kazakhstan, per poi traghettarli o su Mosca o su San Pietroburgo, sul solito canale russo, oppure traghettarli su Pechino o su Shanghai”. È il Kazakhstan, verso cui l’Italia, nel 2015, ha esportato appena 6,2 milioni di euro di vino, il futuro del commercio verso Oriente? Lo scopriremo solo vivendo, perché “io Governo di Astana deve ancora fare quelle liberalizzazioni di mercato per la circolazione delle merci e delle dogane che Hong Kong ha fatto invece da anni”.

“L’export di vino italiano nella Federazione Russa sta scontando un’impasse dovuta al contesto economico e geo-politico internazionale - continua Silvana Ballotta - che si è concretizzata in una perdita in valore del 30,6% tra il 2013 e il 2015. Tuttavia - continua la Ballotta - non possiamo sottovalutare la crescita complessiva delle vendite di vino italiano in Russia che, negli ultimi 10 anni, secondo le elaborazioni del nostro Osservatorio Paesi terzi, sono aumentate del 523,2%: il maggior tasso di incremento registrato nei Paesi emergenti. Solo nel 2015, un anno sicuramente critico, abbiamo venduto vino per un valore complessivo di oltre 181 milioni di euro. È importante insistere e continuare a presidiare questo mercato strategico, seguendo con attenzione anche le opportunità e le sfide poste dall’evoluzione dell’Unione Economica Eurasiatica”.

E le trasformazioni innescate dal regolamento tecnico per i prodotti alcolici toccheranno l’intera filiera coinvolta nelle esportazioni di vino, a partire dalla distribuzione e dalla logistica. L’aumento della scala di riferimento dovrà essere compensato da partnership e alleanze strategiche, così come dovranno essere valutati e sfruttati i nuovi canali naturali di accesso all’area eurasiatica, Bielorussia e Kazakistan. Ma le opportunità per l’agroalimentare non riguardano solo il commercio: sul tavolo dei Ministri dell’Agricoltura di Italia e Russia, Maurizio Martina e Alexander Tkachyov, ci sono infatti dei progetti di collaborazione reciproca tra i settori agricoli e in particolare nel comparto vino. Progetti che saranno illustrati al prossimo Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo (giugno 2016), a cui l’Italia parteciperà come Paese ospite. Spazio per il made with Italy, con ampie possibilità per i modelli produttivi francesi e italiani, come racconta l’esempio, tra tutti, della Crimea, che guarda al know how europeo per raddoppiare la sua produzione entro il 2020.

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