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AGROALIMENTARE

L’80% del pesce in Italia arriva dall’estero. Agricoltori Cia al Governo: potenziare acquacoltura

Investire i fondi dell’Unione Europea per creare allevamenti ittici sostenibili. Il settore vale 510 milioni di euro e conta 900 aziende
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Un allevamento di pesce (ph: Cia - Agricoltori Italiani)

Ben l’80% del pesce consumato sulle tavole degli italiani arriva dall’estero: per questo è necessario investire sull’autosufficienza alimentare del nostro Paese, utilizzando meglio i fondi Ue per sviluppare l’allevamento ittico sostenibile e renderlo competitivo, così da ridurre le importazioni. E’ l’appello al nuovo Governo di PescAgri, l’associazione dei pescatori italiani, promossa da Cia-Agricoltori Italiani https://www.cia.it, per la tutela, lo sviluppo e la valorizzazione dell'acquacoltura.
Un comparto sempre più in crescita, con un giro d’affari di 510 milioni di euro (suddivisi in 295 milioni per la piscicoltura e 215 milioni per la molluschicoltura) e 900 aziende su tutto il territorio. La produzione è di 165.000 tonnellate di trenta specie diverse di pesce.
Secondo il presidente Agricoltori Italiani - Cia, Cristiano Fini: “c’è bisogno di incentivi agli investimenti per produrre di più utilizzando al meglio i fondi del Feampa (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca) per il comparto nazionale - terzo a livello europeo, ma decimo per la pesca - colpito dai rincari dei costi energetici, ma strategicamente rilevante per il settore primario”. L’acquacoltura viene infatti definita “agricoltura di mare”: allevamenti ittici sia in acqua salata che dolce, finalizzati alla raccolta di pesci, molluschi e crostacei, che possono essere realizzati in mare, nei fiumi, nei laghi o nelle lagune.
“Data la crescente domanda e il sovrasfruttamento degli stock ittici - dichiara la presidente PescAgri, Rosa Castagna - l’acquacoltura non può più essere considerata subordinata alle attività di cattura. Dal 2013 la crescita di produzione è stata dell’8% e il prodotto ittico d’allevamento è destinato entro il 2030 a superare quello pescato, arrivando a coprire il 70% della domanda”. Per PescAgri la priorità è, dunque, la promozione dell’itticoltura sotto il profilo ambientale, economico e sociale, oltre alla conservazione delle risorse biologiche acquatiche, contribuendo alla sicurezza alimentare europea e consentendo una blue economy sostenibile nelle aree costiere, insulari e interne. In quest’ottica ha preso il via il progetto “PescAgri che vogliamo!”, che punta alla formazione professionale degli operatori del settore della pesca e gli imprenditori ittici, traghettando il comparto verso gli obiettivi europei di transizione ecologica grazie all’innovazione tecnologica. PescAgri intende, inoltre, intensificare il dialogo con le istituzioni nazionali per il superamento dei troppi ostacoli amministrativi e difficoltà burocratiche che lo hanno frenato in passato, per esempio nel rilascio delle concessioni demaniali marittime. L’associazione guarda, dunque, alla crescita economica degli allevamenti ittici attraverso una progressiva semplificazione dell’apparato normativo e delle norme vigenti, grazie anche a una maggiore digitalizzazione. “PescAgri auspica - conclude Rosa Castagna - una campagna di promozione che sostenga e incentivi il settore dell’acquacoltura, così come accadde in passato con gli agriturismi, nell’ottica di una multifunzionalità che garantisca nuove opportunità di reddito alle aziende agricole, favorendo lo sviluppo di attività di allevamento sia di acqua dolce che salata”.

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