Rischia di bloccarsi la “scalata” dei distillati italiani, ed europei, nel mercato cinese che stava dando importanti prospettive. A lanciare l’allarme è AssoDistil, realtà che, da oltre 70 anni, riunisce, rappresenta e tutela le principali realtà del settore della distillazione italiana ed a cui aderisce 60 aziende che coprono il 95% della produzione nazionale di acquaviti e di alcol etilico prodotto da materie prime di origine agricola.
“AssoDistil - sottolinea il dg Sandro Cobror - sta investendo, da alcuni mesi, nel mercato cinese, con un progetto di promozione del brandy italiano, eccellenza dei distillati made in Italy, e, proprio in questi giorni, cominciamo a registrare i primi segnali di interesse da parte dei consumatori cinesi. Adesso veniamo a conoscenza, con sconcerto, dell’indagine antidumping che il Ministero del Commercio cinese ha avviato su alcune tipologie di prodotti alcolici di provenienza Ue, in particolare proprio sui distillati di vino”. Ed ancora, “sebbene, dalle prime informazioni sembrerebbe che lo scopo dell’indagine sia eminentemente ritorsivo contro analoghe indagini Ue indirizzate verso l’import di motori elettrici dalla Cina, non vi è dubbio che l’iniziativa cinese metta a rischio lo sviluppo del mercato del brandy in quel Paese nonché la propensione all’investimento da parte di quei produttori non ancora presenti in Cina che vedono nel grande Paese asiatico un interessantissimo mercato potenziale di sviluppo sia del brandy che dei distillati in generale. Un’indagine antidumping rischierebbe inevitabilmente di bloccare sul nascere una iniziativa come quella della promozione del brandy italiano in Cina oltre che recare un danno economico enorme al settore degli spirits e tutto questo senza alcuna ragione reale: infatti, oggi sul mercato cinese il brandy Ue viene venduto a prezzi decisamente superiori a quello dei distillati locali e, comunque, laddove pure si ravvisasse l’opportunità di bloccare le importazioni di distillati dall’Unione Europea, ciò risulterebbe economicamente ininfluente per controbilanciare il rischio di un blocco delle importazioni in Ue di componentistica e motori elettrici dalla Cina che vale dieci volte di più. Per questo, come organizzazione di categoria che rappresenta la quasi totalità della produzione distillatoria in Italia - conclude Cobror - abbiamo chiesto al Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, che le nostre Istituzioni si adoperino per impedire che questa pericolosissima iniziativa abbia seguito”.
Il caso ha fatto parlare anche in Francia, riporta il sito specializzato Vitisphere, altro Paese dall’importante produzione di distillati, che si sente presa di mira. “Ci interroghiamo ancora sulla motivazione di questa indagine, che si basa su prove inconcludenti, secondo l’ammissione degli stessi denuncianti”, commenta Raphaël Delpech, direttore dell’Ufficio nazionale interprofessionale del Cognac, “anche se non siamo stati in grado di studiare il percorso seguito dai produttori cinesi di brandy per giungere alle loro conclusioni, stimano il livello di dumping al 15,88%, che è molto basso rispetto alle denunce precedenti, cioè denunce che potrebbero aver riguardato altri settori in cui i livelli erano molto più alti”. Dicendosi sereno rispetto delle normative cinesi e internazionali da parte delle case di Cognac, il direttore dell’associazione interprofessionale afferma che il settore “collaborerà perfettamente con le autorità cinesi, con le quali abbiamo un rapporto di trasparenza e fiducia”. Si sostiene che i prodotti europei principalmente presi di mira per il loro ruolo trainante nelle esportazioni, come ovvero cognac e armagnac, sono ben lungi dall'essere prodotti entry-level. “Per noi è ovvio che non c'è dumping di cognac”, insiste Raphaël Delpech, “siamo persino sorpresi che sia stata aperta un’indagine” ma si chiede un intervento anche delle istituzioni perché “questa è una questione politica”.
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