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La cucina italiana, candidata a Patrimonio Unesco, “non esiste: è un’efficace trovata di marketing”

La tesi della coppia Grandi-Soffiati su bugie e falsi miti sui piatti tipici. Montanari, a WineNews: “esiste, ma è una contaminazione di saperi”
ALBERTO GRANDI, CUCINA ITALIANA, DANIELE SOFFIATI, MARKETING, MASSIMO MONTANARI, TRADIZIONE, UNESCO, Non Solo Vino
La cucina italiana, tra storia e marketing

“In molti sostengono che la cucina italiana non esiste perché è una somma di cucine regionali. Io invece dico che esiste eccome, e non è una somma, ma una moltiplicazione di saperi che si incontrano, si contaminano e si trasformano”. È la riflessione, a WineNews, di Massimo Montanari, tra i massimi storici dell’alimentazione al mondo, presidente del Comitato scientifico a supporto della candidatura de “La cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale” a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco. Tra coloro che sostengono da tempo e ora rilanciano questa tesi, facendola tornare al centro del dibattito, ci sono Alberto Grandi, professore di Storia del Cibo e presidente del Corso di Laurea in Economia e Management all’Università di Parma, e Daniele Soffiati, suo sodale nel celeberrimo podcast Doi - Denominazione di Origine Inventata, tra i più ascoltati su tutte le principali piattaforme (dal 2022, e che deve nome e “origine” al saggio best seller di Grandi edito da Mondadori, nel 2020), autori del volume “La cucina italiana non esiste. Bugie e falsi miti sui prodotti ed i piatti considerati tipici”. Secondo i quali, “è vero che i prodotti italiani sono buonissimi, spesso i migliori al mondo, ma è falso che abbiano origini leggendarie, perse nella notte dei tempi. La ricerca storica attesta che la cucina italiana, intesa come prodotti e ricette della tradizione, è un’invenzione recente e, di fatto, un’efficace trovata di marketing: la narrazione della tradizione è spesso l’ingrediente contemporaneo che rende i nostri piatti ancora più gustosi”.
La ricerca della coppia Grandi-Soffiati ci ricorda che fino a un recente passato gran parte degli italiani moriva di fame, mentre le élite si dilettavano con cuochi e buon cibo. “Non è serio sostenere che Michelangelo faceva incetta di lardo ogni volta che passava per Colonnata, così come non è credibile che i milanesi abbiano insegnato agli austriaci a preparare la cotoletta”. Inoltre, molti piatti simbolo della “tradizionale” cucina italiana, dalla pizza alla pasta, non sarebbero stati possibili senza il fondamentale contributo dei migranti italiani, che tornarono da terre lontanissime con qualche soldo in tasca e prodotti alimentari praticamente sconosciuti fino al 1900. E, arrivando più vicino a noi, e aprendo anche un altro dibattito, “quando Gualtiero Marchesi, considerato il fondatore della nuova cucina italiana, negli anni Novanta consigliava di mettere la panna nella carbonara, a nessuno veniva in mente di scatenare autentiche guerre di religione come avviene oggi”.
Con questo volume (Edizioni Mondadori, aprile 2024, pp. 276, prezzo di copertina 19 euro), vera e propria miniera di informazioni e curiosità, gli autori ci accompagnano in un ideale supermercato. Analizzando, scaffale per scaffale, la storia degli alimenti e dei piatti tipici, ci svelano che gli italiani sono ottimi cuochi proprio perché non sono mai stati vincolati da una tradizione di fatto inesistente, bensì sempre aperti alla cucina e agli ingredienti degli altri Paesi del mondo.

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