Nel nostro pianeta c’è più vino di quanto serva per soddisfare i consumi. Uno dei temi che stanno più a cuore al mondo del vino riguarda proprio i consumi, che, di riflesso, hanno delle ripercussioni sulle giacenze in cantina, e, quindi, sui costi che una cantina deve sostenere. Difficile, se non impossibile, trovare il “pareggio” tra una produzione sempre più “over” - e su cui incidono anche fattori come il cambiamento dei consumi e, se vogliamo, pure il calo demografico - e la richiesta da parte del mercato. Ma questo vale soprattutto per i Paesi con una solida e importante produzione mentre, allo stesso tempo, ce ne sono altri con una produzione che non basta per coprire le esigenze interne. Come riporta una tabella dell’American Association of Wine Economists (Aawe), che cita come fonte l’“Annual Database of Global Wine Markets, 1835 to 2022”, la produzione vinicola mondiale rappresenta il 113% del suo consumo.
Ma, in ogni Paese, la situazione è molto diversa, e se c'è chi è costretto ad importare per soddisfare i propri consumi, c’è anche chi è più che indipendente (e, quindi, costretto ad esportare) dal punto di vista della “sovranità enologica”, per così dire. Ad iniziare dal Cile, uno dei principali produttori di vino, che guida questa speciale classifica con il 629%, e, quindi, con una forte disparità tra disponibilità di vino e consumi. Al secondo posto, la Moldavia, lo Stato con più ettari di vigneto pro-capite, che arriva al 443%, completa il podio la Spagna con il 374%. L’Italia è al sesto posto (204%), preceduta da Sud Africa (262%) e Nuova Zelanda (320%), mentre anche la Francia oltrepassa la propria “autosufficienza” con il 178%. Se, invece, si capovolge il ranking, spicca il dato del Regno Unito, non a caso uno dei principali importatori di vino del globo, che può contare su una produzione che copre soltanto l’1% del consumo interno.
Una “carenza” che abbraccia tanti Paesi importanti per il mercato del vino, ad iniziare dagli Stati Uniti (72%), il principale partner per l’Italia enoica, ma anche Cina (52%), Russia (46%), Germania (45%), Svizzera (33%), Canada (16%), Giappone (8%), Belgio-Lussemburgo (6%). E dove la produzione è distante dai numeri restituiti dai consumi, c’è, pertanto, margine per le esportazioni da parte di quei Paesi con un quantitativo rilevante di prodotto, che possono così alleggerire le proprie scorte in cantina.
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