La sfida al cambiamento climatico è una delle battaglie più importanti che sta combattendo la viticoltura. Servono degli strumenti giusti, sia per i coltivatori che per i produttori, a combattere questo fenomeno, anche attraverso la ricerca genetica, come ha raccontato a WineNews il professor Philippe Darriet, responsabile della ricerca enologica dell’Università di Bordeaux. Ricerca che, come obiettivo primario, ha quello “di poter aiutare i produttori a far si che i loro prodotti siano apprezzati e venduti. Stiamo lavorando su tutti i parametri, dalla composizione delle uve alle modalità di vinificazione, passando per le maturazioni, perché impattano sulla produzione e sul carattere distintivo e identificativo, sul sapore, su tutti questi parametri che contribuiscono a far sì che il vino sia visto per quello che è, un prodotto dotato di una sua identità distintiva”.
Sul tavolo, però, c’è la sfida più importante, quella al cambiamento climatico. “Al momento, il cambiamento climatico impatta le condizioni di maturazione e il sapore di un vino - spiega il professor Philippe Darriet - e stiamo studiando questo fenomeno per valutarne l’impatto effettivo, dal punto di vista delle temperature, sia nei vigneti che durante la maturazione, quindi questi processi di studio oggi sono molto importanti per aiutare un produttore a gestire meglio un vigneto, e a limitare l’impatto di questi processi e delle temperature. E anche per aiutare un produttore a non ricorrere alle vendemmie tardive, perché si possono avere conseguenze sulla maturità delle uve, anche importanti, e aiutarlo a gestire le attività di vinificazione, perché a seconda delle modalità di maturazione, le condizioni di vinificazione cambiano. Quindi - continua Darriet - stiamo considerando attentamente questo aspetto, perché le sfide del cambiamento climatico sono forti, e servono degli strumenti per aiutare tutti i soggetti coinvolti nel processo, sia i coltivatori che i produttori, a combattere questo fenomeno”.
Importante, in questo senso, si rivela la ricerca genetica, “perché le scoperte relative al genoma sono correlate anche al sapore e al gusto di un vino. Ma al momento - approfondisce Darriet - nelle società europee, non c’è alcun interesse per l’uso di Organismi Geneticamente Modificati, questo è evidente. Quindi, a mio modo di vedere, dato che sono uno scienziato, credo che dovrebbe essere importante comprendere il fenomeno, se è un problema etico, e non credo che lo sia, credo che la ricerca dovrebbe essere permessa e portata avanti, per aiutare il mondo del vino sul fronte dell’adattamento delle viti, e della loro resistenza e delle condizioni di maturazione. Ma al momento, di fronte a questi problemi, non siamo al momento nelle condizioni di poter utilizzare soluzioni genetiche. Dal punto di vista etico, mi confrontai con un genetista sul tema negli anni Ottanta, nello specifico per il possibile uso di lieviti geneticamente modificati per la vinificazione, ma fu subito chiaro che il consumatore non voleva che li utilizzassimo, e questo ci avrebbe permesso di ottenere risultati migliori, ma non ci fu modo di utilizzarli. E anche se si volessero utilizzare lieviti con particolari caratteristiche genetiche e fisiologiche - continua Darriet, professore dell’Università di Bordeaux - che adesso sarebbe possibile ottenere e utilizzare, ora si potrebbe farlo con gli stessi metodi utilizzati da Mendel stesso con i piselli, e funziona molto bene - e forse sono ottimista da questo punto di vista, ma per me è un’opportunità sia per la vite che per il mondo del vino, e secondo me è principalmente una questione di approccio, di savoir faire, come diciamo in Francia, e con la migliore conoscenza possibile. Un approccio positivo è importante per arrivare alle migliori soluzioni possibili”.
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