
“È un pericolo ridurre il vino ad un rischio per la salute, perché così si dimentica la sua dimensione culturale, sociale e umana”. L’appello è quello dell’Accademia Internazionale del Vino, in un testo scritto all’unanimità dai suoi membri - e firmato anche dai produttori italiani Maurizio Zanella (Ca’ del Bosco), Franco Martinetti (Franco Martinetti Viticoltore), Donatella Cinelli Colombini (Fattoria del Colle), Angelo Gaja (Gaja), Alberto Graci (Graci), Salvatore Geraci (Azienda Agricola Palari), Alois Clemens Lageder (Alois Lageder) e Pietro Ratti (Cantina Renato Ratti) - e rivolto ai 150 Capi di Stato e di Governo dell’Onu nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite n. 80, dal 9 settembre in corso a New York.
Si tratta della prima presa di posizione pubblica dell’Accademia fin dalla sua fondazione nel 1971, e volta a tutelare l’immagine del vino in previsione dell’incontro del 25 settembre che si concentrerà sulla prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili, nonché sulla promozione della salute mentale e del benessere (come aveva anticipato a WineNews il segretario generale Ceev-Comité Européen des Entreprises Vins, Ignacio Sanchez Recarte, annunciando che l’Oms sarebbe tornata a combattere l’abuso di alcol e non il consumo tout-court, ndr).
L’Aiv, nel suo appello, invita, infatti, l’Onu a “prevenire e controllare le malattie non trasmissibili senza rinnegare i fondamenti delle nostre culture, senza cancellare ciò che sostiene le nostre civiltà”. Nel testo l’Accademia affronta poi il tema del consumo moderato di vino sostenendo come questo “simboleggi la difesa della cultura del gusto e della moderazione”, citando anche la “Review of Evidence on Alcohol and Health” 2025, lo studio realizzato dalle National Academies of Sciences su incarico dello U.S. Department of Agriculture, che conclude come “rispetto al consumo zero di alcol, il consumo moderato è associato ad una minore mortalità per tutte le cause”.
“Vogliamo semplicemente dire al mondo di non dimenticare tutto ciò che il vino gli ha donato per millenni tra poesia, cultura, misteri, splendidi paesaggi e naturalmente la passione per la condivisione, che è il fondamento della nostra umanità. Il vino è un patrimonio universale di cui siamo custodi e beneficiari”, ha spiegato a “Le Figaro”, Guillaume d’Angerville, presidente dell’Accademia e proprietario della tenuta Marquis d’Angerville in Borgogna.
L’Aiv riunisce oggi un centinaio di personalità legate al mondo del vino tra enologi di fama mondiale come Jean-Louis Chave, ma anche giornalisti e critici come Michel Bettane, oltre a produttori, agronomi e sommelier, e nasce oltre 50 anni fa con l’intendo di “definire un codice di buone pratiche per la produzione di vini di “origine nobile” attraverso resoconti, memorie e opere dei suoi membri”. E per “vino nobile” l’Accademia intende quel vino “che ha storia e tradizione, rivela un senso di appartenenza rispetto al luogo in cui viene prodotto, trascende le mode essendo diverso in ogni annata ma comunque riconoscibile e dove geografia, geologia, esposizione, pratiche viticole e vinificazione si combinano tutte per produrre un vino specifico del suo terroir e nel rispetto dei concetti di sostenibilità e qualità”.
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