Il primo Metodo Classico italiano, nato nelle cantine “Cattedrali Sotterranee” di Canelli Patrimonio Unesco sotto le colline “decantate” da “giganti” della letteratura italiana e mondiale come Cesare Pavese e Beppe Fenoglio (come abbiamo raccontato su WineNews), simbolo della tradizione spumantistica piemontese e italiana e del “bere dolce” grazie alla sua storia secolare, e oggi una delle espressioni più contemporanee delle bollicine made in Italy, grazie alle sue innumerevoli occasioni di consumo, dall’aperitivo ai cocktail, scrive un nuovo capitolo di una tradizione che non smette di guardare al futuro. E che, continuando a cavalcare l’onda di successo delle bollicine, incrocia anche quella dei rosati, di cui l’Italia vanta un’importante produzione, e che negli ultimi anni hanno visto crescere, e molto, la passione e l’interesse da parte dei consumatori nel mondo, soprattutto giovani. È l’Asti Docg che diventerà anche rosè, con l’ok arrivato, nei giorni scorsi, dall’Assemblea dell’Associazione Comuni del Moscato, con i vertici del Consorzio dell’Asti e del Moscato d’Asti Docg.
Rosè che dovrebbe nascere dall’unione tra le uve di Moscato e quelle di Brachetto, due vini aromatici che appartengono al territorio, aprendo quindi un nuovo canale produttivo (già dalla prossima vendemmia se l’iter burocratico si concretizzerà con i tempi giusti) e allargando, potenzialmente, la platea dei consumatori.
La famiglia dell’Asti Docg, composta dalle tipologie Asti Spumante e Moscato d’Asti, è pronta quindi ad ingrandirsi aggiungendo un tocco “moderno” per diversificare una produzione che ha origine da quei Paesaggi Vitivinicoli delle Langhe-Roero e del Monferrato Patrimonio Unesco. Proprio in quelle terre dove, nel 1865, Carlo Gancia fece nascere il primo spumante italiano il futuro adesso è pronto a colorarsi anche di rosa.
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