Inutile ripetere che il 2023 sarà ricordato come uno degli anni più difficili da parte del mondo del vino. Fattori economici, climatici ma anche scelte diverse da parte dei consumatori hanno frenato il settore che aveva, comunque, alle spalle un 2022 particolarmente positivo. Però ci sono alcuni dati che mostrano come il 2023 non sia proprio tutto da buttare, anzi. Basta leggere il report dell’Observatorio Espanol del Mercado del Vino (Oemv) che, non a caso, certifica come il commercio mondiale del settore vino è vero che sia calato nell’ultimo anno (da giugno 2022 a giugno 2023) del 4,7% in termini di volume, toccando quota 10.269 milioni di litri ma, allo stesso tempo, è cresciuto in valore (+3,6%) portandosi a 37.634 milioni di euro.
Un trend, quest’ultimo, che si discosta leggermente dai dati Istat, letti da WineNews, che parlavano di un export negativo in termini di valore nel primo semestre. Sfogliando le pagine del documento dell’Observatorio si legge come per 501 milioni di litri persi nell’ultimo anno c’è un fatturato incrementato di 1,3 miliardi di euro e un prezzo medio di 3,66 euro al litro salito di 29 centesimi (+8,7%). Merito anche delle strategie adottate dalle cantine con la valorizzazione della fascia “premium”, sempre più al centro delle scelte di marketing . Il report dell’Oemv sottolinea, comunque, come l’aumento di valore non si traduca automaticamente in una maggiore redditività perché sulla bilancia va messa la forte inflazione con l‘impennata dei costi che si è concretizzata già ad inizio 2022.
C’è da preoccuparsi? Verrebbe da dire non particolarmente se consideriamo che, per 26 mesi consecutivi, il commercio mondiale del vino è cresciuto raggiungendo il “top” proprio nel tanto bistrattato 2023, e precisamente a marzo, quando, per la prima volta, ha superato i 38 milioni di euro . Poi, però, è iniziata la discesa con il secondo trimestre che si è colorato di rosso. In termini di volume, ad eccezione del bag in box, tutto il comparto ha registrato un calo, dall’imbottigliato al mosto passando per spumante e sfuso. Tra gli undici maggiori produttori di vino (che rappresentano l’85% del prodotto esportato), solo la Nuova Zelanda, e in misura marginale Portogallo e Australia, è cresciuta in volume. Le tre principali potenze del vino, rispettivamente Francia, Italia e Spagna, rappresentano il 55% in volume e il 64% in valore del vino esportato: tutti e tre i Paesi hanno riscontrato una perdita quantitativa anche se in misura diversa, non a caso l’Italia ha superato la Spagna diventando il primo esportatore al mondo (2.175 milioni di litri).
In termini assoluti, l’Italia ha perso 44,7 milioni di litri, la Spagna 124,2 milioni e la Francia 77,4 milioni. Inattaccabile la leadership della Francia quando si ragiona in termini di valore: con 12,4 miliardi di euro (+6,2%), che copre un terzo del fatturato globale (33,2%) e con un prezzo medio aumentato del 12,3% (9,19 euro al litro), il vino francese consolida il proprio status. L’Italia è, comunque, in fase positiva, con un incoraggiante +3,4% a valore pari a 7,8 miliardi di euro (+256,4 milioni), distaccando la Spagna che mostra soltanto un lieve segno positivo (+0,9%), fermandosi a quota 3 miliardi. Il prezzo dello sfuso in Italia ha raggiunto i 3,61 euro al litro (+5,5%, pari a 19 centesimi), una performance leggermente inferiore alla media del commercio mondiale. L’ottima annata della Nuova Zelanda (+20% in valore) la proietta come quinto produttore del globo superando Australia e Stati Uniti. E con il Cile (quarto produttore) ormai nel mirino.
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