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ALIMENTAZIONE

Mense scolastiche italiane, un bambino su tre rifiuta di mangiare. Aumenta (+6%) il cibo processato

L’indagine annuale Food Insider evidenzia, però, un miglioramento generale dei menu ed un maggiore impegno per la sostenibilità 

In Italia un bambino su tre (35%) rifiuta a priori il cibo della mensa scolastica: in generale si evidenzia un miglioramento dei menu e dell’impegno per la sostenibilità ambientale, ma anche un aumento (+ 6%) del cibo processato. Ecco i dati che emergono dall’indagine annuale Food Insider (“Rating dei menu scolastici”, edizione n. 8), che fotografa lo stato dell’arte delle mense italiane e ne traccia l’evoluzione, per scoprire la quantità di scarti, le best practice e i Comuni che migliorano, anche grazie all’applicazione dei Cam, i Criteri Ambientali Minimi, la legge che trasforma la mensa in uno strumento di sviluppo del territorio in chiave sostenibile.
Secondo i dati dell’indagine, riferita all’anno scolastico 2022/23, continua il trend di miglioramento delle mense scolastiche iniziato lo scorso anno, dopo la fine del Covid. Un cambiamento positivo atteso dopo lo scioglimento definitivo dei vincoli legati alla pandemia, ma che è anche l’effetto dell’applicazione della nuova legge che disciplina le gare d’appalto del servizio di ristorazione scolastica. Il risultato è spesso riscontrabile in menu più equilibrati, a minore impatto ambientale, più varietà, con i legumi che aumentano e diventano un secondo piatto in un terzo dei menu analizzati,  più prodotti locali e di origine biologica e sempre meno le stoviglie usa e getta a favore dei piatti lavabili. I cibi processati, (prosciutto, tonno in scatola, bastoncini di pesce, formaggio spalmabile e budini), invece, crescono del 6%.
Il problema dello scarso consumo di cibo in mensa è la questione principale da risolvere: ci sono troppi bambini che “rifiutano il cibo a priori” (il 35% dei casi, secondo i dati del nostro sondaggio), mentre hanno “paura di assaggiare nuovi piatti’ il 31%; solo il 14% sembra “mangiare con gusto”.
La top 10 della classifica non offre sorprese: numero uno rimane Fano, nelle Marche, seguito da Cremona e Parma, una triade di Comuni virtuosi che ogni anno sembra fare meglio. Molto vicini per qualità ed equilibrio sono Jesi, Sesto Fiorentino, Rimini, Ancona, Bergamo, Perugia e Mantova. Il Sud è ancora distante dalle mense più numerose e virtuose del Centro e del Nord. Si distingue la Puglia con Lecce e Brindisi, con menu equilibrati e piatti della tradizione gastronomica locale, e Bari che eccelle per le alte percentuali di biologico.
Dall’analisi emerge che un buon 29% delle mense del campione analizzato è ben radicato sul territorio, da cui si rifornisce con più di 10 prodotti locali a settimana e un 13% che ne acquista almeno 5.  É interessante anche identificare le mense che esprimono la cultura gastronomica del proprio territorio, come gli spatzli a Trento e Bolzano, i passatelli a Fano e a Rimini, a Brindisi le orecchiette con le cime di rape, a Lecce ciceri e trie, a Bari la purea di fave. Sull’altro fronte, però, ci sono menu che non hanno nessun radicamento e sono uguali sia a nord che a sud e sono quelli che privilegiano i cibi processati.
I menu continuano ad essere in prevalenza “muti” (il 61% del campione analizzato) e a non esplicitare la qualità delle materie prime, mentre i menu “parlanti” sono solo il 39%, e si distinguono perché dichiarano quali sono gli alimenti surgelati, il biologico,  i prodotti Dop e Igp, quelli a km 0 e a filiera corta. Tra le novità 2023 ci sono i pediatri e gli psicologi che entrano in campo sulle questioni del mangiare a scuola: succede a Bolzano, dove si organizzano incontri con i pediatri per sensibilizzare genitori e insegnanti sull’importanza di una corretta educazione alimentare e di un’alimentazione più varia fin dalla prima infanzia. Ad Aosta, invece, gli psicologi sono stati ingaggiati dal Comune per studiare le dinamiche di relazione durante il consumo del pasto in mensa. Tra le best practice di cui si parla nel report c’è, per esempio, la mensa scolastica gestita dal Comitato Genitori di Faedis, vicino Udine, che, da più di 30 anni, si occupa degli acquisti, in prevalenza di biologico, da produttori locali; la mensa del Comune di Fano, che, non a caso, è conosciuto come la “città dei bambini e delle bambine” e, da tre anni, è in cima alla classifica. La terza realtà virtuosa si chiama Laore, l’Agenzia per lo Sviluppo Rurale della Sardegna, che, da più di 10 anni, ha avuto mandato dalla Regione per sviluppare progetti di formazione degli insegnanti, tavoli di lavoro sulla mensa per i Comuni e introducendo un nuovo soggetto a supporto dell’educazione dei bambini: la rete delle fattorie didattiche.
Per sostenere i Comuni in questo processo di miglioramento mancano ancora dei tasselli che potrebbero potenziare il ruolo di motore di sviluppo della mensa per la comunità e il territorio: bisogna riportare le cucine dentro o vicino alle scuole, valorizzare i cuochi, rendere il monitoraggio degli avanzi sistematico, avviare continui percorsi di formazione degli insegnanti e di educazione dei bambini e delle famiglie, e connettere la mensa alle produzioni locali sostenibili. Sarebbe di aiuto al raggiungimento di questi obiettivi definire una serie di indicatori semplici per assegnare un punteggio a chi trasforma la mensa in uno strumento di salute e di sviluppo del territorio, secondo la vocazione locale e in una logica sostenibile.

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