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AGROALIMENTARE

Le esportazioni del made in Italy e una marcia da record: “si può arrivare a 100 miliardi di euro”

La stima del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. Ma dalla logistica all’assistenza, ed alle presenze in Asia, si può migliorare
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La pasta è uno dei simboli del made in Italy agroalimentare

Nonostante tutte le difficoltà presenti, dal potere di acquisto ridotto delle famiglie fino alle tensioni internazionali, il made in Italy agroalimentare continua la sua marcia a ritmi elevati a conferma della qualità, e dell’importanza, di un settore cardine per l’economia italiana. Un successo che però non deve far dimenticare i “punti deboli” perché si può crescere ancora. “Si profila un nuovo record - dichiara il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti nel 2023 le esportazioni hanno raggiunto i 64 miliardi di euro, il 10% sul totale delle vendite all’estero dell’Italia. Alla fine di quest’anno potrebbero far registrare un ulteriore aumento in valore nell’ordine di sei punti percentuali. Sulle prospettive dell’economia pesano le crescenti tensioni internazionali, l’aumento del costo dei trasporti navali e dei prodotti energetici, ma se le previsioni saranno confermate, risulterebbe sostanzialmente colmato il divario nei confronti della Spagna. Un risultato che sembrava fuori portata fino a pochi anni fa. L’agricoltura italiana è stabilmente ai primi posti in Europa per valore aggiunto. Aggiungendo, quindi, ai punti di forza del settore industriale, la qualità e l’eccellenza delle produzioni agricole italiane, risulta evidente che il settore agroalimentare del Paese ha le potenzialità per diventare il “numero uno” al mondo. Le nostre esportazioni possono salire nel medio termine fino a 100 miliardi di euro”.
Confagricoltura sottolinea che in tutto il mondo, alle nostre produzioni, vengono riconosciuti requisiti di gusto, qualità e sostenibilità difficilmente eguagliabili, anche perché legati all’eccellenza della Dieta Mediterranea. Dietro ai successi c’è anche l’impegno costante di tutte le imprese della filiera per interpretare i segnali che arrivano dal mercato, anticipare l’evoluzione della domanda e far crescere, grazie agli investimenti e alle innovazioni, la competitività. I punti di forza del nostro sistema sono costituiti dalla differenziazione produttiva, dalla flessibilità e dall’apertura alle innovazioni tecnologiche. Tra gli aspetti da migliorare ci sono, invece, ricorda ancora Confagricoltura, “la logistica per abbattere i costi di trasporto più alti rispetto alla concorrenza”, ma va anche “rafforzata l’assistenza alle imprese che intendono cimentarsi sui mercati internazionali”, oltre a “puntare sull’apertura di nuovi sbocchi e sul miglioramento della presenza dove, come nel continente asiatico, risulta attualmente inferiore alle potenzialità che sono significative. In Cina, ad esempio, le esportazioni agroalimentari italiane sono attestate a soli 580 milioni di euro. In Giappone, il consumo pro-capite del made in Italy di settore è di soli 8 euro, contro i 20 che si registrano negli Stati Uniti”. Ma per esportare di più, conclude Giansanti, “occorre, prima di tutto, produrre di più. Obiettivo che può essere centrato solo se le imprese della filiera, dal campo, dagli allevamenti al prodotto finito, sono efficienti, competitive e in grado di assicurare una adeguata marginalità economica”.

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