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GLI EFFETTI DEL CONFLITTO

Nella guerra della sanzioni, a rischio 670 milioni di export di wine & food made in Italy in Russia

L’allarme Coldiretti, dopo l’annuncio del Cremlino di “reazione veloce e ponderata” alle sanzioni economiche imposte al Paese di Putin
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Mosca nella foto di Nikita Karimov via Unsplash

Mentre la guerra tra Russia e Ucraina va avanti, con la sua drammaticità fatta di distruzione e morte, anche lo scacchiere geopolitico che ruota sulle sanzioni economiche al Cremlino, ed alle sue reazioni a questo, si complica sempre di più. Le grandi imprese internazionali, anche del food & beverage, stanno abbandonando la Russia fermando gli affari nel Paese o chiudendo i propri negozi (nelle ultime ore, tra gli altri, lo hanno fatto anche grandi catene americane come Mc Donald’s, che ha annunciato la chiusura temporanea dei suoi 850 ristoranti in Russia, Starbucks, che ne fermerà 130, mentre Coca Cola e Pepsi hanno interrotto le vendite, in un lista che si aggiorna di ora in ora, ndr). E, di conseguenza, la Russia di Putin, annuncia una “reazione veloce e ponderata”. La cosa che spaventa di più tutti, e l’Italia in particolare, è lo stop, per ora solo minacciato, all’export di gas (il Belpaese dipende quasi al 50% dal Cremlino, su questo fronte). Ma poiché come annunciato dal direttore del Dipartimento per la Cooperazione Economica del Ministero degli Esteri di Mosca, Dmitry Birichevsky, le risposte saranno “avvertite nelle aree più sensibili per coloro a cui si rivolge”, come riporta l’Ansa citando l’agenzia russa Ria Novosti, non è difficile immaginare che ad essere colpito, per l’Italia, sia anche il comparto agroalimentare. Che “è nel mirino delle ritorsioni di Putin come già accaduto nel 2014 con l’embargo ad una ampia lista di prodotti in risposta alla sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa ed altri Paesi per l’annessione della Crimea”, sottolinea la Coldiretti riferendosi al decreto firmato da Putin, che contiene una lista di Paesi per i quali saranno vietati i movimenti di export e import, di prodotti finiti e materie prime.
“In pericolo per l’Italia ci sono le vendite degli elementi base della dieta mediterranea come vino, pasta e olio in Russia, che sono scampati all’embargo, ed hanno raggiunto lo scorso anno il valore di 670 milioni di euro, con un aumento del 14% rispetto al 2020, secondo le proiezioni Coldiretti su dati Istat. Tra i prodotti made in Italy più venduti nel Paese di Putin - precisa la Coldiretti - ci sono, infatti, prodotti come il vino e gli spumanti per un valore attorno ai 150 milioni di euro, il caffè per 80 milioni di euro, l’olio di oliva per 32 milioni di euro e la pasta per 27 milioni di euro. In particolare l’Italia - riferisce la Coldiretti - è il primo Paese fornitore di vino in Russia, con una quota di mercato del 30%, davanti a Francia e Spagna, ed ha registrato nel 2021 un boom della domanda di spumanti a partire da Prosecco e da Asti ma tra le denominazioni più apprezzate ci sono anche i vini Dop toscani, siciliani, piemontesi e veneti”.

Gli effetti del conflitto ucraino rischiano dunque di cancellare completamente il made in Italy a tavola dai mercati e dai ristoranti di Mosca - denuncia la Coldiretti - aggravando ulteriormente gli effetti dell’embargo deciso da Putin con il decreto n. 778 del 7 agosto 2014, e da allora sempre prorogato, come risposta alla sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa ed altri Paesi per l’annessione della Crimea. Un blocco che è già costato alle esportazioni agroalimentari tricolori 1,5 miliardi negli ultimi 7 anni e mezzo.
“Il Decreto tuttora in vigore - sottolinea la Coldiretti - colpisce una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. L’agroalimentare è, fino ad ora, l’unico settore colpito direttamente dall’embargo che ha portato al completo azzeramento delle esportazioni in Russia dei prodotti made in Italy presenti nella lista nera come salumi, formaggi e ortofrutta Made in Italy, senza risparmiare le specialità, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele”.
Al danno diretto delle mancate esportazioni in Russia si aggiunge anche la beffa della diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il made in Italy, realizzati in Russia come parmesan, mozzarella, robiola, o nei Paesi non colpiti dall’embargo come scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia, ma anche salame Milano e gorgonzola di produzione Svizzera e reggianito di origine brasiliana o argentina. Nei supermercati russi si possono trovare fantasiosi surrogati locali che hanno preso il posto dei cibi italiani originali, dalla mozzarella “Casa Italia” all’insalata “Buona Italia”, dalla robiola Unagrande alla mortadella Milano. “Il danno - conclude la Coldiretti - riguarda anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, ha dovuto rinunciare ai prodotti alimentari made in Italy originali”.
Intanto, si cerca una soluzione per limitare i danni alle imprese italiane e non solo. “Auspico che le sanzioni vengano tolte il più velocemente possibile perché penalizzano i produttori italiani e l’economia - ha detto il Sottosegretario alle Politiche Agricole (con delega al Vino), Gian Marco Centinaio, all’agenzia AdnKronos - e non penalizzano i russi perché che possono rifornirsi altrove. Se i russi non mangiano la carne italiana o non bevono il vino italiano si riforniscono da altre parti del mondo, la Cina continua a commercializzare con la Russia, ci sono Paesi che non hanno aperto sanzioni e ne beneficeranno loro e verranno penalizzate quelle filiere dell’economia italiana ed occidentale che in questo momento la stanno pagando. Dal conflitto in Ucraina per il vino made in Italy - ha sottolineato Centinaio - c’è il rischio di gravi conseguenze per l’export in Russia, visto che l’Italia è il primo paese fornitore con 375 milioni di dollari, e per far fronte alla situazione il Governo sta cercando di trovare fondi per aiutare le aziende e l’idea è anche di aiutarle a cercare mercati alternativi. L’obiettivo che abbiamo - spiega Centinaio - è di lavorare anche con l’Europa non solo per il settore vino ma per tutte le filiere dell’agroalimentare che in questo momento stanno subendo una crisi a causa della situazione internazionale”.

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