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SCENARIO AGRICOLO

Pac, se l’Ucraina entrasse in Ue servirebbero 100 miliardi di euro in più per mantenere i sostegni

Lo scenario, disegnato da Agrifood24 by Withub, a Bruxelles, con Confagricoltura, Coldiretti, Cia-Agricoltori, Filiera Italia
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Se l’Ucraina entrasse in Ue servirebbero 100 miliardi di euro in più per la Pac

Servono 100 miliardi in più per salvare la Pac e mantenere le quote nazionali così come oggi, oppure ognuno dovrà rinunciare a qualcosa. Ecco quanto servirebbe per sostenere la Politica Agricola Comune se l’Ucraina entrasse in Unione Europea. Un Paese, quello sconvolto dall’invasione della Russia, che da solo possiede una superficie coltivata pari a poco meno di un quarto di quella di tutta l’Unione Europea. Un tema, questo, al centro dei dibattiti di questi giorni, che ha guidato anche l’evento, organizzato dalla piattaforma editoriale Withub, tenutosi oggi a Bruxelles, “#Agrifood24, nuove coordinate per la sostenibilità dell’agricoltura Ue”, alla presenza delle principali associazioni di categoria - Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Eat Europe e Filiera Italia - e del Commissario Europeo per l’Agricoltura, Janusz Wojciechowski. Quando si parla di agricoltura, come noto, l’Ucraina è un vero e proprio gigante, soprattutto guardando a grano e cereali. Ed il suo ingresso nell’Ue, di cui la Pac rappresenta un pilastro fondante ed economico, con un budget di poco meno di 400 milioni di euro, non ne resterebbe ovviamente immune.
L’Europa assegna i finanziamenti ai paesi membri prevalentemente in base all’estensione in ettari della superficie agricola. Oggi, i 27 Stati dell’Unione Europea hanno una superficie agricola di 157 milioni di ettari, la sola superficie coltivabile dell’Ucraina è di 41 milioni di ettari (dati 2020 estrazione a partire da Eurostat, Servizio Statistico Ucraino). Secondo l’elaborazione del Centro Studi Gea, su una simulazione a cura del professor Angelo Frascarelli dell’Università di Perugia, basata su un calcolo effettuato sui criteri della Pac attuale, se l’Ucraina entrasse in Ue oggi, dovrebbe ricevere - in base agli ettari coltivati - fondi per oltre il 20% del budget annuale dell’intera Europa dedicato al sostegno agli agricoltori.

Questa proiezione, è stato sottolineato, non tiene presente le future azioni correttive dell’effettivo negoziato di adesione dell’Ucraina all’Unione europea, ma calcola l’ipotesi di un’erogazione del sostegno europeo sulla base della superficie agricola per il primo pilastro della Pac, ipotizzando l’ingresso dell’Ucraina alle stesse condizioni degli attuali Paesi membri dell’Ue. Si tratta, quindi di un’importante, ma necessaria, semplificazione dello scenario secondo la quale, tuttavia, l’equilibrio degli altri Paesi Ue sarebbe sconvolto. In un’Unione Europea a 28 Stati, infatti, gli ettari coltivati salirebbero a 198 milioni e mezzo rispetto ai 157 milioni e mezzo attuali. A parità di budget, stando alla simulazione, per ogni ettaro coltivato si riceverebbero 272,34 euro anziché gli attuali 343,52. Ciò significa, facendo il calcolo sull’Italia, che il nostro Paese passerebbe da un contributo di 5,6 miliardi di euro l’anno a 4,2 miliardi. Se invece si volessero continuare a sostenere tutti gli agricoltori dei Paesi Ue con le stesse cifre di oggi e a questi si aggiungessero quelli ucraini, servirebbero appunto 98,9 miliardi di euro in più (per un settennio del quadro finanziario pluriennale), che si andrebbero a sommare ai 378,5 miliardi, il budget pluriennale della Pac attuale.
Lo studio, inoltre, ha simulato anche le conseguenze Regione per Regione, a livello italiano. Secondo le elaborazioni dell’università di Perugia su dati Eurostat registrate dal centro studi Gea, le 10 regioni che perderebbero di più con l’entrata in Ue dell’Ucraina, immaginando di mantenere i livelli attuali di sostentamento agli agricoltori, sarebbero, la Lombardia (che perderebbe il 52%, passando da oltre 600 miliardi a meno di 300); la Calabria (con -48%, quindi da quasi 400 miliardi a 200), il Veneto (-47%, da quasi 500 miliardi a circa 250). A seguire il Piemonte, l’Emilia Romagna, le Marche, il Friuli Venezia Giulia, la Campania e l’Umbria.
Ma ci sono aspetti che vanno anche oltre la Pac, come per esempio l’applicazione delle norme sulla riduzione del 20% dei fertilizzanti chimici contenute nella Farm2Fork. Secondo un’elaborazione del Centro Studi Gea su dati dell’Università Cattolica del Sacro Cuore campus di Piacenza e Cremona - Vsafe e Federchimica Assofertilizzanti, una diminuzione in produzione per le principali colture italiane: -14,5% per il frumento duro, -12,3% per il frumento tenero, -12% per il mais, -12,6% per il pomodoro, -6,6% per la soia, -9,9% per l’uva da vino. Una calo di produzione che si rifletterebbe sull’economia italiana con una perdita pari a 5,4 miliardi di euro. In questo scenario, potrebbero avere un ruolo importante i biostimolanti. Questi prodotti, spiega ancora lo studio, potrebbero arginare le perdite generate dall’adeguamento richiesto dalla Farm to Fork. Dai test effettuati dall’Università Cattolica di Piacenza, infatti, è evidente come i biostimolanti compensino la riduzione di input chimici e aiutino la pianta in condizioni di stress. Nei test effettuati sulle colture di pomodoro, ad esempio, riducendo i fertilizzanti ma impiegando biostimolanti, la resa non è statisticamente diversa da quella ottenuta con fertilizzazione 100% in termini di altezza delle piante, produzione di frutti e foglie.
“Confagricoltura da sempre sostiene che l’attuale Pac sia inadeguata oggi e inadatta a rispondere alle prossime sfide, poiché mette a rischio non solo un settore produttivo, ma la sicurezza alimentare globale. Per rispondere alle esigenze emerse chiaramente in questi ultimi anni e in prospettiva di un futuro allargamento dell’Ue, anche il budget dedicato deve essere rivisto tenendo conto pure degli aumenti dei costi di produzione e dell’inflazione. Il tema della dimensione del bilancio agricolo UE impone poi un approfondimento alla luce del fatto che la sicurezza alimentare dell’Europa dipende dai livelli di efficienza e competitività delle imprese, e dal reddito che gli agricoltori riescono ad ottenere dal proprio lavoro” ha commentato Cristina Tinelli, Direttrice Relazioni Ue e Internazionali Confagricoltura e presidente Gruppo Sviluppo Rurale Copa-Cogeca.
“Abbiamo bisogno di tempi certi e urgenti per la maggiore flessibilità sugli aiuti di Stato e sulle semplificazioni della Pac annunciate dalla Commissione europea per gli agricoltori. Serve una risposta sulla moratoria dei debiti per le aziende agricole, in risposta all’aumento dei tassi di interesse. Molte delle nostre proposte sono state accolte dal Commissario europeo all’agricoltura, ma non basta se non si capisce una volta per tutte che i tempi dei nostri agricoltori non sono quelli della burocrazia europea. Ci aspettiamo che nel Consiglio europeo di marzo ci sia la svolta necessaria e anche in prospettiva chiediamo una Pac più vicina alle imprese”, ha detto Ettore Prandini, presidente Coldiretti. “Serve un cambio di rotta deciso da parte dell’Ue per costruire un futuro che consenta la sopravvivenza della produzione europea, redditi dignitosi, mantenimento e crescita delle aree rurali, sostenibilità economica, ambientale e sociale”, ha dichiarato il presidenteCia - Agricoltori Italiani, Cristiano Fini. “Questo significa ragionare su una nuova Pac - ha aggiunto - con meno burocrazia e regole semplificate per facilitare i pagamenti, a partire dagli ecoschemi, cancellando l’obbligo del 4% per l’incolto. Abbiamo già subito una drastica riduzione delle rese a causa della crisi climatica, è assurdo che la Ue ci dica di tenere dei terreni a riposo. In più, la Pac non può più essere l’unica politica a rispondere alle sfide della transizione verde. Poi c’è lo scenario politico internazionale: considerato il ruolo strategico dell’Europa sul fronte della sicurezza alimentare, nonché il potenziale ingresso dell’Ucraina nell’Unione, il prossimo quadro finanziario pluriennale dovrà essere in linea con tali ambizioni, richiedendo maggiori risorse e tutele sul mercato. Per tutto questo, è importante lavorare affinché il futuro Commissario europeo all’Agricoltura abbia un peso politico importante e sia in grado di creare consenso sui dossier più caldi, come le Tea, e favorire l’intesa tra tutti gli Stati membri”.
“I 378 miliardi di Pac attuali rappresentano una risorsa fondamentale che aiuta gli agricoltori a sostenere i costi di standard produttivi di sicurezza e ambientali più elevati al mondo e rendere competitiva con la fase di produzione agricola l’intera filiera e sono tutto il contrario di un sostegno passivo al reddito degli agricoltori. Se non ci fossero, 300 miliardi sarebbero stati caricati direttamente sul carrello della spesa dei consumatori con conseguenze tutt’altro che positive soprattutto per le fasce più povere, alle quali non sarebbe permesso di accedere a un’alimentazione di qualità che caratterizza i paesi europei e l’Italia in particolare - ha detto Luigi Scordamaglia, consigliere delegato Filiera Italia e presidente Eat Europe. E sull’Ucraina ha aggiunto: “è fondamentale sostenerla in questo momento difficile ma non è accettabile che a pagare il prezzo di una possibile entrata del Paese in Ue sia la filiera agroalimentare, anche considerando che sempre di più fondi speculativi internazionali stanno mettendo le mani su una parte crescente dell’agricoltura ucraina danneggiando gli stessi piccoli agricoltori ucraini, Quindi aiutare l’Ucraina (ma non certo la speculazione), tutelando anche la nostra filiera”.

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