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Quale futuro per la carta dei vini? “Enciclopedica”, “Condensata” o “Di territorio” resta uno strumento indispensabile, ma suscettibile di ripensamento. I sentori di una tendenza attraverso testimonianze raccolte da WineNews
di Franco Pallini

Come sarà in futuro la carta dei vini di un grande ristorante? Tutti sono concordi nel ritenere il ristorante il principale show room del vino, che ritrova finalmente il suo “luogo” d’elezione naturale, accompagnandosi al cibo. Ma è altrettanto chiaro che, come accade normalmente per qualsiasi altra merce, in ogni vetrina di ogni negozio non possono coesistere tutti gli articoli appartenenti allo stesso genere merceologico. E’ possibile quindi che la carta dei vini, anche di un grande ristorante, possa subire qualche ridimensionamento e si trasformi in un altro “menu”, cioè in una selezione di vini personalizzata e mirata. Ecco cosa hanno detto in proposito a www.winenews.it, sito di riferimento per gli amanti del buon bere, alcuni dei più importanti opinion leader dell’enogastronomia italiana.
“Credo che una carta dei vini “enciclopedica” non sia più funzionale ai piatti che propongo - spiega Gianfranco Vissani, forse il più importante e famoso chef italiano - il destino della carta dei vini di un grande ristorante è destinato a cambiare, facendo leva soprattutto sul gusto e le preferenze del ristoratore, che magari privilegerà i vini del territorio dove si trova il suo locale, accanto alle immancabili etichette di livello internazionale, italiane e non”. Ivano Boso, responsabile dei vini dell’Enoteca Pinchiorri, il ristorante con la cantina più importante del mondo e che deve molto a questa prerogativa esclusiva - commenta che “in un grande ristorante ci sono dei vini importanti che non possono mancare dalla carta e quest’ultima è necessariamente destinata ad ingrossarsi, perché la produzione mondiale di vini di qualità aumenta”. “Io amo il vino come la cucina - spiega Vittorio Fusari, chef e patron de Il Volto d’Iseo in Franciacorta e presidente dell’Associazione della Ristorazione di Qualità - e continuerò a mantenere nel mio locale una carta dei vini con oltre mille referenze. Certo toccherà al buon senso disporre di cinquanta Brunelli se sono un ristoratore toscano, immerso in uno specifico territorio, preoccupandomi anche di offrire i vini dell’azienda più piccola e sconosciuta, e, per i vini provenienti da altre territori, dovrò accettare nella mia carta soltanto quelli più importanti”. “Già da 4-5 anni ho ridotto la quantità delle bottiglie nella mia cantina - afferma Gianfranco Bolognesi, titolare del ristorante La Frasca di Castrocaro Terme (Forlì), un riferimento assoluto in fatto di gastronomia tipica italiana - e credo di aver fatto una scelta prima di tutto a favore della mia clientela, non più costretta a pagare ricarichi eccessivi sui vini, causati dai costi di mantenimento di una cantina “universale”. Tra breve uscirò con una nuova carta che nella prima parte proporrà 200 vini soprattutto del territorio, ma anche di altre zone d’Italia, all’insegna del buon rapporto qualità/prezzo, mentre nella seconda parte proporrà 150 grandi etichette “raccontate”, cioè accompagnate da una breve descrizione della zona di provenienza, dei vitigni utilizzati, e così via, con una profondità d’annata almeno decennale”.
Angelo Gaja, una delle griffes dell’Italia del vino più famosa nel mondo, spiega che “la carta dei vini resta uno strumento fondamentale, ma in Italia sia il cliente che il ristoratore non sono mai stati educati al suo corretto uso. Non mi interessa che un ristorante abbia una carta simile ad una enciclopedia oppure ne abbia una con 20 vini - commenta Angelo Gaja - mi interessa che il ristoratore l’abbia costruita guardando al target della propria clientela e non invece per vanità o superficialità”.
“La carta dei vini ci deve essere, in ogni ristorante, ma non deve essere necessariamente di taglio enciclopedico - spiega Davide Paolini, il “Gastronauta” ed uno dei critici enogastronomici più qualificati nel panorama italiano - dovrebbe essere piuttosto mirata, originale e lontana dalle mode. Sono favorevole ad un ridimensionamento delle carte dei vini, specialmente se operato su una bella fetta dei vini premiati dalle guide. Potrebbe essere una tendenza possibile - conclude Paolini - anche perché “ben” sostenuta dalla particolare e delicata fase economica, che vede il mercato del vino e la ristorazione in crisi acuta”.
“E’ fuori discussione che le grandi carte generaliste non hanno senso, ma è altrettanto indiscutibile che una carta dei vini importante - spiega Enzo Vizzari, direttore delle Guide de L’Espresso - resta parte fondamentale di un grande ristorante. Non si può generalizzare, ma la riduzione dei vini nelle carte non sarebbe un bel segno per il mondo della ristorazione … vorrebbe dire che si tratta di una questione di soldi che mancano! Ogni ristorante deve avere la cantina tarata sulla propria realtà, sulla dimensione e sulla clientela”. Possibilista anche Paolo Marchi, giornalista e ideatore di Identità Golose, primo congresso italiano di cucina d’autore: “Ritengo che la carta dei vini debba essere stilata in base alle caratteristiche e alle esigenze del singolo ristorante: è chiaro che in zone vocate all’enologia, come la Toscana, il Friuli o il Piemonte, non avere una buona e ricca scelta di vini del territorio sarebbe una vergogna, mentre i ristoranti di zone meno vocate, che fanno della cucina il loro punto di forza, possono permettersi di avere carte meno corpose. Poi è importante anche la preparazione e la conoscenza in materia del ristoratore, perché i buoni vini, oltre ad averli in cantina, bisogna anche saperli vendere…”.

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