Se l’Italia, come confermato dalle stime sulla vendemmia 2021 presentate oggi da Unione Italiana Vini (Uiv), Assoenologi e Ismea (qui), registrerà un calo della produzione sul 2020 del 9%, non va meglio ai suoi competitor, ossia Francia e Spagna, che hanno dovuto fare i conti con gli stessi identici problemi, dalle gelate di aprile alla siccità estiva, passando per le improvvise grandinate e gli acquazzoni estivi, in misura, almeno Oltralpe, decisamente superiore, come spiega Ignacio Sanchez Recarte, segretario generale del Ceev - Comité Européen des Entreprises Vins. “È stato un anno strano, con eventi climatici che hanno portato ad una riduzione della produzione di 23 milioni di ettolitri nei cinque principali Paesi produttori d’Europa: Italia, Francia, Spagna, Germania e Portogallo. La Spagna, senza i mosti, rimarrà al secondo posto, conquistato un anno fa, dietro all’Italia. Portogallo e Germania hanno mantenuto una certa stabilità, ma registrano comunque un calo percentuale in media con il resto dell’Europa, che pesa meno in termini assoluti perché producono molto meno vino”.
Passando ai singoli Paesi produttori, “la Francia - sottolinea Recarte - ha subito le gelate ovunque, eccetto in Corsica, con danni particolarmente rilevanti nello Champagne, che ha visto la distruzione del 25-30% delle gemme, ma che potrà mantenere lo stesso livello di produzione medio grazie alle riserve degli scorsi anni. Anche Bordeaux è stata devastata dal gelo, specie nei vitigni a bacca bianca, mentre l’umidità di giugno e luglio ha portato, così come in altre Regioni, all’attacco di oidio e black rot. Si parla di un calo del -24% della produzione, per cui la Francia avrà bisogno di importare più vino comune del solito (ossia dei 3 milioni di ettolitri medi). Le buone notizie arrivano dal fronte commerciale, con i consumi interni che vanno bene, sostenuti da una crescita del valore medio trainata dagli spumanti (+8% sulla media degli ultimi quattro anni). Ancora meglio stanno andando le esportazioni: nel primo semestre si registra una crescita importante sia a valore che a volume, sia sul 2020 che sul 2019” (come evidenziato dai dati di Business France analizzati da WineNews qui).
Spostandoci nella Penisola Iberica, “in Spagna - riprende il segretario generale Ceev - c’è una decrescita rilevante (39 milioni di ettolitri, -16%), con la Castilla La Mancha, la prima Regione vitivinicola al mondo che perde il 20% sul 2020, mentre a livello di prezzi saranno sostanzialmente stabili, con qualche crescita contenuta. Sul Cava, particolarmente interessante in quanto competitor del Prosecco, il prezzo delle uve è stabile, resta basso, ma c’è da notare che si paga molto bene l’uva organica, regime a cui si stanno convertendo sempre più aziende. Inoltre, il Consejo Regulador ha deciso di limitarne la produzione a 110 quintali ad ettaro per controllarne la produzione. Gli stock, in linea generale, rimangono alti: quasi 40 milioni di ettolitri, per il 37% di vini bianchi, ed una parte importante sono proprio vini comuni della Castilla La Mancha. Va ricordato inoltre che nella campagna 2020, sono stati utilizzati 3,2 milioni di ettolitri per la produzione di aceti o distillati, il doppio della media, per cui il calo potrebbe non rivelarsi un dramma”, aggiunge Recarte.
Andando nel cuore dell’Europa Continentale, “la Germania paga le inondazioni, ma la produzione sarà comunque in linea con la media degli ultimi cinque anni: dopo le gelate i produttori hanno lavorato bene, limitando le perdite al -5%, a quota 8 milioni di ettolitri. In Portogallo, dove nel 2020 la produzione chiuse con un calo sul 2019, si attende una crescita del +1%, a quota 6,5 milioni di ettolitri, in linea così con gli ultimi anni”. Nel resto del mondo, a volo d’uccello si registrano “il calo dell’Argentina (-6,4%), mentre crescono l’Australia (+18%) e il Cile (+15%), in calo anche la Nuova Zelanda (-8,8%) e stabile il Sudafrica (+0,7%), per volumi complessivi che, sommati, valgono l’Italia da sola”, dice ancora il segretario generale del Ceev.
Che, poi, sposta il focus sui fronti caldi che il settore vino, e quindi il Ceev, dovranno affrontare a Bruxelles, dove al centro del dibattito “ci sarà il climate change, non solo per gli impatti che ha sulla viticoltura, ma soprattutto per le implicazioni sulla sostenibilità della filiera e dell’ambiente, ma anche sul Green Deal, aspetti che vanno appoggiati con azioni concrete: se vogliamo arrivare nel 2030 con una riduzione delle emissioni e un reale adattamento al cambiamento, abbiamo bisogno di investimenti e ricerca. Un altro tema importante sarà la salute, perché si vuol far passare il messaggio che ogni alcolico sia pericoloso per la salute, e su questo ci sarà da difendersi. E poi, ci sono i fondi del Recovery Plan: i mercati stanno recuperando, adesso serve la digitalizzazione per comunicare al meglio le peculiarità dei vini europei, e per lottare politicamente, con maggiore forza, su ogni fronte”.
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