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SALONE DEL VINO 2005 - TRA UN PAIO D’ANNI IL MONDO INVASO DAL VINO MADE IN CINA: IL COLOSSO ORIENTALE PUNTA SUI PREZZI BASSI E ASSOLDA ESPERTI ITALIANI E CALIFORNIANI PER IMPARARE TUTTI I SEGRETI DELL’ENOLOGIA

Italia
La muraglia cinese

E’ solo questione di tempo: tra un paio d’anni i mercati internazionali saranno invasi dal vino cinese. Dopo le scarpe, i vestiti, i pomodori pelati, un altro baluardo del made in Italy “clonato” dal colosso orientale, che punta sul basso costo e sul tetrabrik per conquistare il mondo. Se ne è parlato oggi al Salone del Vino di Torino (27-30 ottobre), kermesse riservata ai professionisti del settore. La qualità del vino cinese è ancora bassa, ma il Governo ha assoldato esperti italiani e californiani per imparare tutti i segreti dell’enologia.

Le quantità prodotte sono destinate ad aumentare in maniera esponenziale: già oggi, con 3,5 milioni di ettolitri di vino, il Paese della Grande Muraglia si pone in buona posizione nella classifica dei maggiori produttori extraeuropei in volume. “Qualche anno fa - commenta Gian Primo Quagliano, direttore dell’Osservatorio del Salone del Vino - quando parlavamo di un eventuale pericolo cinese per il mercato dell’auto tutti si mettevano a ridere, oggi in molti hanno dovuto ricredersi. Ma c’è anche un rovescio della medaglia: la Cina è un mercato interessante per il vino italiano, tanto che le nostre esportazioni sono cresciute del 69% nel primo semestre 2005 (dati Istat), perché esiste una fascia della popolazione interessata a comprare vino italiano, che vanta una forte tradizione ben conosciuta anche nel Celeste impero. L’aspetto, in prospettiva, che ci deve più preoccupare è che in futuro potremmo trovare la Cina come concorrente sui mercati internazionali. Attualmente la produzione cinese è di circa 3,5 milioni di ettolitri (quasi quanto il prodotto della regione Marche, ndr). La qualità è ancora rozza, ma i cinesi hanno una grande capacità non solo di imitare, ma anche di innovare, e presto li troveremo sui nostri mercati esteri. Nel nostro Paese per il vino cinese non c’è spazio, perché il 98% degli italiani predilige e acquista vino italiano. Sul fronte estero il nostro vino è di qualità e questo fa pensare che il momento in cui ci troveremo a competere con la Cina è abbastanza lontano, ma certo arriverà. Anche perché la competizione non si giocherà solo sul prodotto imbottigliato, ma anche sul versante del vino sfuso”.

Il punto di vista - "Investire in Cina nella cultura del vino ..."
"Oggi solo lo 0,3% della popolazione consuma vino, ancora poco, ma indubbiamente un progresso rispetto al passato e il trend è destinato a crescere, soprattutto se si incentivano attività di sensibilizzazione, educazione alla cultura del vino": commenta Gian Primo Quagliano, direttore dell’Osservatorio sul Salone del Vino, evento creato a Torino da Alfredo Cazzola (Promotor International). "Occorre andare in Cina per formare tecnici e sommelier cinesi, educare i consumatori cinesi al buon bere. Cambiare le abitudini non è facile: per tradizione i cinesi a tavola bevono tè oppure baijiu, un distillato ad elevato tasso alcolico; oggi nei grandi ristoranti di Shanghai, Pechino del Guandong e della stessa Hong Kong capita però spesso di vedere cinesi, colti e benestanti che accompagnano piatti occidentali o orientali con bevande occidentali. Quindi opportunità per lavorare in questo senso ci possono essere, ma è ancora un problema di abitudini e di cultura del cibo. Ancora un grande ostacolo alla diffusione del vino sulle tavole cinesi è la difficoltà dell’abbinamento, il modo di mangiare dei cinesi prevede che molte pietanze vengano servite insieme, carni e pesci, cucinati diversamente e con sapori a volte contrastanti".

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