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SI PARLA SPESSO DEL “FENOMENO PROSECCO” COME SE SI TRATTASSE DI QUALCOSA DI RECENTE. E FORSE LO È, NEI NUMERI E NELL’EXPORT. “MA IN REALTÀ HA RADICI ANTICHE”. A WINENEWS, DOMENICO SCIMONE DELLA STORICA CANTINA CARPENÈ MALVOLTI DI CONEGLIANO

Italia
Una vendemmia a Carpenè Malvolti

Si parla spesso, negli ultimi tempi, del “fenomeno Prosecco” come se si trattasse di qualcosa di recente. E forse lo è, nei numeri e nell’export: oltre 300 milioni di bottiglie consumate nel mondo, di cui 70 Docg. Ma il suo successo, in realtà arriva dal passato. “Anzi, è un fenomeno che ha radici profonde e storiche, perché diverse aziende, come la Carpenè Malvolti, vantano più di un secolo di storia nella spumantizzazione. Nelle dimensioni, certamente, specie nei mercati esteri e soprattutto in termini di riconoscibilità di una categoria, quella del Prosecco appunto, è invece una dinamica emersa in modo più marcato ed evidente negli ultimi 10 anni. E continuerà a crescere, per almeno altri 4-5 anni, fino a trovare il proprio punto di stabilizzazione, come tutti i fenomeni: le radici sono nel secolo scorso, quando fu affinato lo studio del metodo Charmat, portando ad una riconoscibilità più evidente per alcune denominazioni italiane, arrivando nell’area del Prosecco di Conegliano e Vladobbiadene incoronata dal riconoscimento del 2009 con la Docg”. Così, a WineNews, Domenico Scimone, global sales & marketing director della storica e ultracentenaria cantina Carpenè Malvolti di Conegliano (www.carpene-malvolti.com).
Si parla anche di fenomeno Prosecco come fosse un tutt’uno, ma in realtà ci sono due anime, quella più elevata e storica, del Conegliano Valdobbiadene Docg, e poi quella più grande del Prosecco Doc. Quanto sono importanti queste due realtà l’una per l’altra e come si riesce a farle convivere?
“Questo è l’impegno a cui siamo tutti rivolti, produttori e Consorzi, impegnati nella valorizzazione del territorio: la sinergia che si sta provando a implementare nella promozione di questo prodotto, che chiamiamo Prosecco, ma che dal 2009 non specifica più un vino in quanto prodotto, ma un territorio, al pari dello Champagne. Di conseguenza, anche il marketing territoriale delle aziende è rivolto in questa direzione, per cercare di rappresentare tutti insieme (Consorzio della Doc, Consorzio della Docg ed aziende, ndr) il fenomeno e l’importanza del territorio, innanzitutto della Doc (quindi, di Veneto e Friuli) e poi in modo specifico la Docg (Valdobbiadene), che rappresenta la migliore espressione del Prosecco, in quanto in quest’area ci sono tutte le condizioni climatiche ed ambientali dove il vitigno Glera può esprimere il meglio di sé. Al di là, quindi dei distinguo sul livello qualitativo, le attività di promozione del Prosecco, Doc e Docg specie nei mercati esteri, vengono fatte in maniera congiunta”.
Lei ha parlato di un’espansione, ancora, nei prossimi 4-5 anni, per il Prosecco. E poi si dovrebbe arrivare ad un assestamento. Giocando con la palla di cristallo, che succederà?
“Nessuno ha la sfera di cristallo, le dinamiche oggi sono talmente veloci che si fa fatica a fare previsioni. Dalla mia esperienza posso dire che nel momento in cui un mercato che è esploso si stabilizza, le quantità di prodotto magari continuano anche a crescere, ma emergono quelle realtà che hanno puntato fin dall’inizio sulla qualità, e che hanno investito in marketing e sono riuscite a creare una marca, un brand. Saranno quelle che si contenderanno le quote di mercato. E sarà lo stesso mercato che farà selezione”.

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