Nel 2023, le vendite di vino in Usa, nel complesso, sono diminuite tra il -2% ed il -4% sul 2022, e questo trend continuerà anche nel 2024, così come quello del valore, che vede un piccolo aumento, in un forbice che va dalla stabilità al +1,5%. Un quadro poco confortante anche perchè, salvo shock esterni, l’economia Usa, probabilmente, entrerà in recessione. E sebbene i prezzi delle bottiglie sembrano tenere, vista un’offerta complessiva che eccede la domanda, sia al dettaglio che all’ingrosso, non è difficile ipotizzare che per smaltire le scorte, il commercio e la distribuzione utilizzino sempre di più scontistica e vendite flash, soprattutto on line, nel 2024. Ma su tutti, il dato che allarma, e che trova conferme, è che i più giovani stanno marginalizzando sempre di più il consumo di vino. E’ la sintesi estrema dei contenuti dello “State of the US Wine Industry Report 2024” della Silicon Valley Bank (oggi del gruppo First Citizen Bank), curato da Rob McMillan, che traccia uno scenario poco confortante per quello che è il primo mercato mondiale del vino, e primo approdo straniero per il vino italiano, che, nei primi 10 mesi 2023, ha visto diminuire le sue spedizioni verso gli Usa del -6,8%, per poco più di 1,4 miliardi di euro.
Italia che, insieme alla Francia, è leader tra i vin stranieri che, in percentuale, stanno perdendo meno della produzione nazionale sul mercato americano. Fino a settembre 2023, su una base di 12 mesi, SipSource mostra che le importazioni si stanno riducendo del -5,9%, mentre le vendite di vini nazionali fanno -8,2%. Ma un altro dato preoccupante è che il calo delle vendite si registra in tutte le fasce di prezzo, con i vini di importazione che soffrono soprattutto nella fascia tra 11 e 15 dollari (-6%) ed in quelle sopra i 25 dollari, con una perdita a doppia cifra, mentre la fascia di prezzo che resiste meglio è quella tra i 15 ed il 25 dollari, a -3,8%. I vini più venduti, in generale, restano varietali come Chardonnay (15%), Cabernet Sauvignon (14%), rossi in blend (11%), ma vedono tutti un trend in decisa diminuzione, mentre sembra pià stabile il Pinot Grigio, al quarto posto, con una quota intorno al 9%, secondo i dati SipSource, citati dal report.
Ma il dato di fatto è che gli americani bevono meno vino di prima, soprattutto tra i giovani, per motivi legati tanto alla salute quanto all’economia. Secondo un sondaggio del Wine Market Council, le principali singole motivazioni per le quali gli americani bevono meno vino, sono per bere meno alcol (16,7%), per risparmiare (16,2%), perchè preferiscono altre bevande (9,8%), e per tagliare gli zuccheri assunti (9,3%). Inoltre, nella fascia che va tra i 21 ed i 49 anni, la percentuale di chi dice di bere alcolici, ma non il vino, è del 36%, mentre i “core wine drinker”, coloro che bevono vino abitualmente, si attestano al 23% solo tra gli over 70, mentre nelle altre fasce di popolazione si va dal 20% dei 30-39 anni, al 16% dei 21-29 anni. Ancora, tra coloro che bevono alcolici, il vino resta la bevanda preferita da consumare in occasioni conviviali solo tra gli over 65 (indica il vino come prima scelta il 58% di loro) e tra coloro che hanno tra 45 e 54 anni (il 32% indica il vino, il 29% la birra), mentre tra vino e birra è parità (32%), tra chi ha tra i 55 ed i 64 anni. Tra i 21 ed i 34 anni, il vino, indicato come prima scelta dal 16%, in termini di preferenza, è dietro alla birra (21%), agli spirits (18%) e anche gli hard seltzers (17%), e la birra (30%) è davanti al vino (29%) anche per chi ha tra 35 e 44 anni. Questo, ovviamente, incide anche sul budget: secondo l’indice di spesa medio per il vino realizzato da Sovos ShipCompliant, le uniche fasce di popolazione in cui la spesa, nel 2023, è cresciuta, sono tra i 40 ed i 70 anni, e comunque sotto al +1,8%, mentre è in calo in tutte le altre fasce di eta, ed in particolare spicca il -6% in quella tra i 21 ed i 30 anni.
Ma per l’industria del vino, e del beverage in generale, c’è un altro fattore da tenere in grande considerazione. Perchè da un sondaggio di Gallup emerge che il messaggio più volte rilanciato dall’Oms, ovvero che non esiste un livello di consumo sicuro, neanche quello moderato e associato ai pasti, sta passando, soprattutto tra i giovani: se nel 2018 la quota di coloro che hanno tra 21 e 34 che pensava che anche il bere moderato fosse dannoso per la salute era del 34%, ora siamo al 52%, ma anche tra i 35 ed i 54 anni la quota è salita dal 26% al 39%, mentre gli over 55 sembrano più impermeabili, passando, comunque, dal 26% al 29%.
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