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Université de Reims e Université de Bruxelles: il “terroir” non incide sulla qualità del vino … Produttori francesi in allarme per la siccità … Secondo la critica Jancis Robinson (Uk) l’uso della barrique sta velocemente calando
di Michèle Shah

- Secondo uno studio, preparato da Clivie Gergaud dell’Université de Reims e Victor Ginsburgh dell’Université Libre de Bruxelles, e presentato alla prestigiosa Royal Economic Society di Nottingham, il “terroir” (combinazione del suolo e micro-clima di una zona specifica) non inciderebbe minimamente sulla qualità del vino. Uno studio che “minaccia” in particolare i vini del Vecchio Mondo, che si vantano del proprio “terroir”, da zona a zona, in particolare quelle “top” francesi, che si ritengono superiori proprio per via del loro “terroir” inimitabile.
Lo studio proviene da una raccolta d’informazioni e dati che riguardano condizioni ambientali e tecniche enologiche adoperati nei vigneti di 100 aziende vitivinicole della zona bordolese (studio fatto nel 1990 nel Haut-Médoc, che vanta nomi prestigiosi come Mouton-Rothschild, Latour, Lafite-Rothschild e Margaux). I risultati di questi studi e delle informazioni raccolte mostrano chiaramente che i metodi di vinificazione (enologia) spesso mascherano le caratteristiche e l’effetto “terroir”.
Le conclusioni hanno diviso il mondo del vino. Secondo Denise Capbern Gasqueton di Château Calon-Ségur a St Estèphe, anche se esistono ottimi vini di produzione del Nuovo Mondo come quelli cileni, questi sicuramente mancano di caratteristiche del “terroir”, che dà una profondità, struttura e una complessità al vino. E, sempre secondo la Capbern Gasqueton, il marchio “terroir” è ciò che determina un vino di qualità e di prestigio.
Nella stessa conferenza della Royal Economic Society, alla presentazione di questo studio, è stato determinato che i punteggi delle degustazioni di Robert Parker della rivista “The Wine Advocate”, aggiungono un 15% al valore ad una bottiglia di vino bordolese, pari a € 3 per bottiglia. Normalmente, Parker degusta i vini nella primavera post vendemmia. Per l’annata 2002, per vari motivi, Parker non ha degustato i vini fino all’autunno 2003, lasciando che i produttori decidessero a determinare il proprio prezzo senza l’appoggio del punteggio “Parker”. La differenza, tra i prezzi del 2002 paragonati a quelle di altre annate, è stato di una media di € 3. Queste cifre sono, infatti, confermate da un ulteriore studio eseguito dalla Inra, l’istituto francese per la ricerca in agricoltura, la quale precisa che l’effetto “Parker” è pari a un valore di €2,80 per bottiglia.
- Produttori francesi in allarme per la siccità. I produttori francesi temono un’altra estate siccitosa e torrida dopo un autunno ed un inverno poco piovoso ed una primavera insolitamente arida. Il sud e sud-ovest della Francia riporta che, da anni, il clima sta cambiando, ma mai come quest’anno e negli ultimi 50 anni, hanno sofferto di siccità. Con il cambiare del clima in Francia, le uve maturano precocemente e le preoccupazioni aumentano specialmente nelle zone di viticoltura della Borgogna, dove esistono zone climatiche “marginali”. Secondo il viticoltore borgognone Henri Jayer, tra il 1960 e il 1980, la Jayer ha vendemmiato 15 volte in ottobre e 5 volte a settembre; invece, tra il 1980 e il 2000, ha vendemmiato 5 volte ad ottobre e 15 volte a settembre. Secondo Aubert de Villaine di Domaine de la Romanée-Conti, il clima sta cambiando proprio lo stile dei loro vini - forse in meglio, commenta - ma se persistono annate siccitose ed aride come il 2003 sarebbe un effetto comunque negativo.
- Secondo la rinomata critica di vino Jancis Robinson (Uk), l’uso della barrique (botte da 225 litri) sta velocemente calando, fino al 30%. Agli inizi degli anni Novanta, la domanda fu enorme, tale da non sempre poter rispondere alla richiesta. Molti viticoltori in svariati Paesi credettero che mettendo vini mediocri in barrique poteva essere un “rimedio” magico, e che avrebbe dato al vino prestigio e qualità soltanto per il fatto della “barrique”. Oggi si scopre che, in molti casi, certi bottai poco scrupolosi hanno venduto delle barrique fatte con legno poco adatto e poco stagionato, caratterizzate da tannini verdi, producendo vini astringenti e verdi. La quercia che viene solitamente utilizzata per la fabbricazione sia di barrique che di botti più grandi, ha bisogno di un lungo periodo di stagionatura prima di essere pronta per essere trasformata in botte. Oggi, come in tutte le produzioni artigianali ci sono tante “scorciatoie”, anche per la produzione delle botti (per esempio, l’uso del vapore, il fumo e, perfino, gli specchi per arrivare ad un invecchiamento precoce). La Robinson riporta, inoltre, che molti produttori oggi riutilizzano le barrique per un ciclo anche di sei annate o più, prima di disfarsene (le barrique incidono molto nei costi aziendali). Non c’è dubbio che l’uso della barrique su vini di struttura ed adatti all’invecchiamento può aumentare la qualità del prodotto, e per questi vini esisterà sempre l’uso della barrique, ma la moda di oggi sembra voltare le spalle alla barrique, per abbracciare la nuova tendenza, la caratteristica del “fruttato”.

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