Scoprire l’origine di un vino dell’analisi di una bottiglia? “C’è chi dice che si stiano mettendo a punto sistemi, c’è chi sta lavorando per arrivarci e chissà che prima o poi ci arrivino, io però non ne sono a conoscenza”: è il pensiero sul tema del professor Massimo Vincenzini, ordinario di Microbiologia Agraria nel Dipartimento di Biotecnologie Agrarie dell’Università di Firenze. “Non sono - continua - un esperto in materia , ma ci sono varie tecniche analitiche per arrivare a determinare la zona di produzione dell’uva.
“Già più facile - precisa - individuare il vitigno dal contenuto della bottiglia. Alcune volte è possibile, altri no, ma ci sono tanti casi in letteratura. Ogni vitigno ha delle caratteristiche proprie, e quindi è possibile riconoscerlo, poi dipende se il vino è monovarietale o meno, comunque il mondo delle analisi del vino ha fatto passi avanti innegabili”.
“Il monovarietale, per esempio nel caso del Sangiovese - spiega Vincenzini - ha delle caratteristiche che lo rendono abbastanza riconoscibile, o meglio, rendono riconoscibile se il vino non è monovarietale”.
La validità in sede legale di queste analisi?
“Dipende dall’uso che si fa della scienza - spiega il professore - , come è stato per il Dna quando si parlava di trovare un assassino, che prima non valeva come prova, e ora si usa sempre. La scienza, la tecnologia di analisi, la conoscenza del vino vanno avanti, e ci si rende conto di tante cose, non ultime con quali varietà di uva è stato prodotto un vino”.
“Ci sono pubblicazioni scientifiche - continua Vincenzini - su queste tecniche di analisi, le usano in Francia, in Germania, in Spagna, ci sono dati ormai su una gran quantità di uva da vino, rossa, prevalentemente, e la letteratura è sufficiente se uno è pratico e si muove tra i risultati analitici pubblicati, traendo le dovute conseguenze”.
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